Qui Torino – Festa grande per rav Di Porto
Non sono bastati gli spazi del centro sociale della comunità ebraica di Torino per accogliere le decine di persone che nonostante il maltempo sono giunte da tutta Italia per l’insediamento di rav Ariel Di Porto, recentemente nominato rabbino capo della comunità. Il convegno Torah e scienza organizzato in onore di rav Di Porto, che ha visto gli interventi di rav Riccardo Di Segni, rav Alfonso Arbib, rav Giuseppe Momigliano e rav Alberto Somekh, per chiudersi con la lezione dello stesso rav Di Porto, è stato seguito, nel pomeriggio, dalla cerimonia dell’insediamento, che si è tenuta nel tempio piccolo.
Alla presenza di numerosi rappresentanti istituzionali e delle altre fedi presenti a Torino e in particolare nel quartiere dove si trova la comunità, vero melting pot culturale e religioso, il pomeriggio si è svolto in un’alternanza festosa di canti e discorsi dei vari rabbanim presenti. Rav Momigliano, presidente dell’Assemblea Rabbinica Italiana, ha parlato per primo, dopo un Baruch ha-bà corale, che è stato solo il primo dei canti che hanno inframmezzato gli interventi. Ricordando i suoi maestri, e la storica grandezza dell’ebraismo piemontese, rav Momigliano ha augurato a rav Di Porto di proseguire nella tradizione dei grandi rabbini che ha avuto la comunità di Torino, accompagnando la comunità in un percorso di studio, coesione e partecipazione. Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ha iniziato il suo discorso sottolineando come sia sempre una gioia essere invitato Torino, una comunità in cui, ha detto, si è sempre sentito a casa, e accolto con grande affetto. Portando i suoi saluti e auguri oltre che a rav Di Porto anche al Presidente Beppe Segre e all’intera Comunità di Torino, ha ricordato come un’occasione lieta come questa sia “giusta e adatta per avviare una riflessione comune fra i consiglieri della Comunità, i rabbini e gli iscritti.” E, ha aggiunto: “La natura degli enti che rappresentiamo è così complessa, così particolare che appare non opportuno né appropriato che ognuno di noi si affatichi a ragionare, e spesso a tormentarsi, in solitudine. Sono certo che molti di voi sentano l’esigenza di realizzare un confronto meditato e approfondito su una situazione che, se non adeguatamente affrontata, potrebbe nel giro di pochi anni, vedere l’ebraismo italiano ulteriormente depauperato sul piano umano e culturale e sul piano materiale.” Sottolineando come i dirigenti comunitari non possano pretendere di parlare di ebraismo e di cultura senza coinvolgere e rapportarsi con i loro Maestri e sarebbe impossibile per i rabbini parlare dell’organizzazione della vita delle Comunità senza la partecipazione dei dirigenti, ha incitato ad una presa di coscienza e a una grande consapevolezza del patrimonio culturale, delle tradizioni, della religione e a concentrarsi sul lavoro di riavvicinamento delle persone, di mantenimento di contatti con coloro che mostrano tendenze all’allontanamento.
Formulando i suoi migliori auguri a rav Di Porto, ha aggiunto: “Sappiamo che ne ha bisogno, perché lo aspetta un compito non facile, ma sappiamo anche che egli merita la fiducia che in lui è stata riposta per lavorare in una Comunità come quella di Torino stimolante e ricca di storia. Spero infine che la Comunità di Torino possa trovare in rav Di Porto un elemento di concordia e di solidarietà circondandolo della collaborazione dell’affetto di cui ha bisogno.”
Il presidente della comunità, Beppe Segre è partito dalla parasta di Chaje’ Sarah, letta ieri, per riflettere su quella che ha definito un’altra storia di ricerca, di trasferimento e di incontro: “La Comunità aveva deciso di cercare un rabbino simile a lei per indole e cultura. E lungo la strada pensava: come farò a riconoscere il rabbino giusto? E si rispondeva: quello tra i rabbini a cui chiederò di venire e mi risponderà: vengo e cercherò di risolvere problemi, quello saprò che è il rabbino giusto. E infatti abbiamo chiesto a rav Di Porto di venire e lui ha accettato. E ha incontrato una Comunità che passeggiava (un po’ stanca) nel pomeriggio e si sono subito piaciuti.” Ha continuato rivendicando la fierezza di una comunità, che è contenta di vivere a Torino, ed è orgogliosa della propria storia e delle proprie identità, pure nella consapevolezza delle difficoltà.
Rav Riccardo Di Segni, che di rav Di Porto è stato uno dei maestri e che ha per lunghi mesi assunto l’interim come rabbino capo della comunità di Torino, ha ricordato nel suo discorso come “La scelta di una persona è sempre difficile e importante, e le comunità, spiegano i maestri, sono fatta di tante persone e di tanti spiriti differenti. Il ruolo di chi la conduce deve essere di sapere parlare, e di sapersi misurare con tutti.”
Rav Di Segni ha poi aggiunto che rav Di Porto è la persona adatta per una comunità complessa come quella torinese, sede di una prestigiosa scuola rabbinica. “Rav Di Porto ha lavorato per molto tempo con me e, vi confesso, ne sento molto la mancanza. Ma mi rendo conto che è giusto che l’esperienza da lui acquisita sia ora impegnata in una comunità che sicuramente merita un rav come lui”
Rav Di Porto, colpito dalla presenza dei tanti accorsi da fuori Torino e visibilmente emozionato dopo aver salutato i vari amici, rabbanim, rappresentanti religiosi e istituzionali convenuti in suo onore al tempio piccolo, ha raccontato del suo incontro con la comunità. Ringraziando il suo maestro, rav Riccardo Di Segni, e tutti coloro che lo hanno accompagnato e sostenuto nel suo percorso, ha ricordato come “Ciò che è mio ed è vostro, appartiene innanzitutto a mia moglie e ai miei figli, che si sono imbarcati con me in quest’avventura”. Circondato dai tanti rabbanim appositamente convenuti, e dal calore e dall’affetto di tutta la comunità, ha nascosto la commozione fino alla benedizione finale, poco prima che la voce di rav Alberto Funaro portasse, come ha commentato sorridendo il rav Di Porto, “un po’ di romanità in questa cerimonia torinese”.
Ada Treves twitter @atrevesmoked
(16 novembre 2014)