Il ruolo dell’Egitto

tobia zeviL’evento diplomatico della settimana è certamente la visita in Italia del presidente-rais egiziano Abdel Fattah al-Sisi, preceduta da un’intervista a tutto campo sul Corriere della sera. Da lettore e osservatore, devo ammettere che non è semplice conciliare le sensazioni opposte che mi procurano le sue affermazioni.
Innanzitutto, è rassicurante sapere che il più popoloso degli stati arabi sia stabile al suo interno e nei confronti di Israele; al tempo stesso, è imbarazzante non pensare alle migliaia di detenuti politici, ai diritti violati, al regime militare forse più duro di quello di Mubarak; è triste constatare che fine abbiano fatto le primavere arabe a tre anni dalla loro irruzione sulla scena, con l’eccezione forse della Tunisia; è interessante seguire i ragionamenti di al-Sisi in fatto di conflitto israeliano-palestinese, Libia e terrorismo internazionale (cioè Iraq e Siria).
Il rais difende il diritto alla sicurezza per Israele e quello per i palestinesi ad avere uno Stato, ma fa capire che occorre riaprire subito un negoziato per definire confini e interlocutori. Si dice persino disposto a inviare truppe egiziane nei territori palestinesi per garantire l’ordine e la sicurezza di Israele. Non che gli israeliani si possano fidare di un esercito straniero quando si parla della loro sopravvivenza, ma è chiaro che una forza egiziana darebbe garanzie ben maggiori rispetto a un’abborracciata forza di sicurezza palestinese. E l’estate scorsa abbiamo tutti misurato quanto l’Egitto ancora conti per i palestinesi e gli arabi in generale, ben più degli americani.
Sulla Libia al-Sisi ha le idee molto chiare: il caos attuale si supera armando l’esercito nazionale e aiutandolo a vincere la guerra. Alcuni commentatori sostengono che la faccenda sia un po’ più complicata, ma è chiaro che anche in Libia il peso del vicino è notevole.
Infine, l’egiziano non parla dell’Iran. Ma neanche della Tunisia, l’unico stato dove l’esito della primavera non è stato disastroso. Le recenti elezioni ci hanno anzi consegnato una maggioranza a guida laica, dove comunque anche gli islamici sono rappresentati. Da occidentali, è probabile che non potremo fare a meno del tiranno rassicurante del Cairo, ma almeno possiamo tentare di supportare – non che sia semplice! – l’unico tentativo rimasto di una via musulmana alla democrazia.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas twitter: @tobiazevi

(25 novembre 2014)