Ticketless – Casale Monferrato
Testimoni attendibili raccontano che, nella vecchiaia, l’inventore dei campeggi ebraici e dei primi viaggi giovanili verso Gerusalemme, Leo Levi, amasse tornare nella Casale Monferrato della sua infanzia. All’alba, avvolto dalla nebbia, seduto in quelle scomodissime panche di legno delle stazioni ferroviarie d’un tempo, assaporava la voce dell’altoparlante annunciare l’arrivo del primo treno del mattino : “Casale Monferrato, stazione di Casale Monferrato”. La tragedia delle morti causate dell’amianto dell’Eternit non era ancora sulle prime pagine dei giornali, come capita di leggere a noi in questi giorni. Un crocevia di rotaie avvicinava Casale alle altre piccole comunità ebraiche del Piemonte, una diffusa rete ferroviaria e famigliare che il trascorrere del tempo e Trenitalia piano piano sopprimono. Di questo microcosmo di pendolari, parlandone come di un elemento di vitalità della storia nazionale, s’è accorto un bravissimo storico inglese. Tim Parks, che ama l’Italia e i nostri treni (“Coincidenze. Sui binari da Milano a Palermo”, Bompiani). “Casale Monferrato, stazione di Casale Monferrato”. Un rintocco di campanella che è un accordo di violino molti ebrei italiani, nati e cresciuti in provincia, legati a quelle stazioncine con la fontanella e i giardinetti curati, l’ovale della biglietteria in legno, luoghi della memoria che collegano il margine al centro, la frontiera al capoluogo. Luoghi dove le radici si rinsaldano, sebbene il desiderio giovanile di fuga non sappia prevedere la nostalgia della giovinezza perduta. Questa rubrica rincorre da mesi le metafore congiunte dei treni, dei libri e degli ebrei ovvero riflette sull’ebraismo come metafora di un viaggio, che talvolta termina, talvolta riprende, come la vita stessa.
Alberto Cavaglion
(3 dicembre 2014)