J-Ciak – L’esercito delle ragazze

Zero Motivation - JCiak - talia LavieAbbiamo pianto, riso, sognato con “Beaufort”, “Lebanon”, “Kippur”, “Valzer con Bashir”, e tanti altri. Sul grande schermo i soldati israeliani ci sono ormai familiari, ma il discorso cambia se si parla di donne-soldato. A colmare questo strano limbo ecco allora “Zero Motivation” di Talya Lavie – film definito, con qualche esagerazione, la risposta israeliana al mitico “Mash” di Robert Altman – vincitore di svariati premi tra cui quello, prestigiosissimo, dell’ultimo Tribeca Film Festival, eche da questo week end è nelle sale americane.
“Zero Motivation” segue le vicende di un’unità di soldatesse di stanza nel sud d’Israele e ci regala uno sguardo diverso sulla vita militare. Sembra fuori luogo, dopo un’estate drammatica e un inverno in cui la morsa della tensione non si attenua, ma si ride di gusto (anche se talvolta a denti stretti) a guardare queste ragazze che nel loro ufficio contano i giorni che le separano dal ritorno alla vita civile, passano carte, servono caffè al capo e intanto tramano per farsi trasferire a Tel Aviv, cantano e si dedicano ai videogames.
Antimilitarista? Chi lo sa. Ironico? Sicuramente sì. “Zero Motivation” ci racconta un esercito che non ha nulla a che fare con la propaganda, l’ideologia, la politica dei politici, ma è intriso di umanità fin nel profondo. “‘Zero Motivation’ è un film sulla società israeliana, e l’esercito era un modo di guardarvi in un modo estremo”, ha spiegato Talya Lavie.
“Durante la leva, in cui sono stata impiegata come segretaria, sognavo di fare un film sull’esercito che avesse il pathos e le proporzioni epiche dei classici film di guerra, ma che parlasse del grigio e banale servizio che stavamo sperimentando io e i miei amici, a cui stento veniva chiesto di alzarci dalle nostre sedie. Mi ispirava e mi divertiva l’idea di usare le buste, le tazze del caffè, gli intrighi da ufficio, le graffette e i solitari per creare una risposta femminile ai film sull’esercito israeliano, dominati dalla figura maschile”, ha raccontato in un’intervista a Women and Hollywood.
A confermare che la sfida è riuscita, è la stessa giuria del Tribeca Film Festival, secondo cui il film, “segue alcune giovani donne che cercano il loro posto e la loro identità in un mondo di solito dominato dagli uomini e dal machismo. Lo fanno con humor, forza e intelligenza. La regista rispecchia le medesime qualità. Crediamo sia emersa una voce nuova e potente”.
E vale la pena segnalare che solo due anni fa un’altra giovane israeliana, Shani Boianjiu, ha spuntato premi su premi con il romanzo “The people of Forever Are Not Afraid” (pubblicato in italiano nel 2013 da Rizzoli con il titolo “La gente come noi non ha paura”). Un altro notevole debutto per altre storie, ironiche, lievi e amare, di ragazze-soldato. Che qualcosa stia cambiando?

Daniela Gross

(4 dicembre 2014)