Qui Verona – Religioni e rispetto dei malati

veronaNell’ambito di una serie di incontri formativi organizzati dall’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona si è svolto questa mattina presso il Centro Culturale G.Marani dell’Ospedale di Borgo Trento un seminario che aveva come tema “il Rischio Clinico: l’importanza del credo religioso, dei simboli e dei riti nella relazione interculturale tra paziente/parente e operatore sanitario”. Dopo le introduzioni della Dottoressa Viviana Olivieri sulla formazione esperienziale e della Dottoressa Christa Zimmerrmann sulla comunicazione interculturale, il Dottor Stefano Tardivo, responsabile Funzioni Sicurezza dell’Azienda Ospedaliera, ha diffusamente trattato del rischio clinico conseguente al ricovero e dell’importanza che hanno a tal fine anche le competenze non tecniche, in particolare quelle di carattere relazionale.
A questo punto hanno preso posto al tavolo dei relatori i rappresentanti ed i mediatori culturali di alcune minoranze etniche e religiose presenti sul territorio veronese, Codrea Gabriel Gabor, sacerdote della Chiesa Ortodossa romena, Mohsein Khochtali per il Consiglio Islamico di Verona, Zampiero Franz Monaco Buddhista, ed erano presenti i mediatori culturali per i paesi del Corno d’Africa e dell’estremo oriente.
Per la Comunità Ebraica é intervenuto rav Luciano Meir Caro, Rabbino capo di Ferrara e rabbino di riferimento per Verona. Il suo intervento è stato seguito con attenzione e interesse da un pubblico numeroso, composto da medici, personale ospedaliero e studenti. 
Rav Caro ha premesso che nella vita dell’ebreo ogni aspetto della quotidianità è regolato da una serie molto complessa di precetti tratti dai testi biblici. La malattia pone il malato in una situazione particolare, che deve essere ben chiara a chi gli si avvicina per curarlo, per assisterlo, per confortarlo. Non bisogna mai prescindere dal fatto che il malato è preoccupato, insicuro, debole e medici, istituzioni, parenti e amici devono avere di conseguenza un atteggiamento adeguato nei suoi confronti. 
Il malato ha il dovere religioso di curarsi e non può prescindere dall’accettare le indicazioni e le cure; deve ascoltare ed eseguire in modo molto attento le disposizioni che riceve dal suo medico. Ha il diritto di beneficiare di rispetto e intimità e di poter seguire le proprie tradizioni religiose, e tutto questo vale in particolare nei confronti della donna. Il medico deve sempre considerare se stesso come se si trovasse sull’orlo di un baratro in quanto deve essere consapevole che i suoi errori potrebbero anche avere conseguenze catastrofiche. 
Rav Caro si è soffermato molto sul dovere di andare a visitare il malato, citando anche un detto secondo il quale chi va a trovarlo gli sottrae un sessantesimo della sua malattia. Il visitatore deve essere sorridente e incoraggiante e attento a scegliere le ore più adatte nelle quali recarsi dal malato; deve parlargli in modo positivo ed ottimista soprattutto circa la possibilità di guarire ed evitare che la sua visita possa affaticarlo eccessivamente. Non deve mai essere negativo sopratutto nei confronti del medico e degli assistenti. L’istituzione, sapendo che la visita ai malati è un diritto per il paziente ed un dovere per parenti, amici e ministri di culto, deve cercare di facilitarle.
Per quanto riguarda le regole alimentari ha consigliato di contattare la Comunità ebraica più vicina. Si è infine augurato che anche a Verona, così come è stato già fatto in altri luoghi, ha citato Ferrara e Torino, venga realizzato all’interno della struttura ospedaliera un locale anonimo ove il malato di qualsiasi religione possa svolgere i suoi riti di preghiera: dovrebbe essere un locale senza simboli religiosi, che consenta di raccogliersi in silenzio e sarebbe utile dotarlo di una libreria che contenga i testi di preghiera delle diverse fedi. 

Bruno Carmi, presidente della Comunità ebraica di Verona

(4 dicembre 2014)