Qui Roma – Una fiaccolata per l’integrazione

IMG_8068Progetti, proposte, condanne, fiducia, disillusione e voglia di ricostruire: questa l’atmosfera che ieri si respirava in Campidoglio per la fiaccolata in favore dell’integrazione “Roma città aperta, sicura, inclusiva”, che ha visto un susseguirsi di interventi di associazioni e comunità dopo i fatti di Tor Sapienza. La città vive un momento difficile, le periferie disordinate, scomode, abbandonate a loro stesse sono state le prime ad esplodere. Una fiaccolata organizzata da Cgil, Cisl, Uil, Arci, Centro Astalli, Cnca, Comunità di Sant’Egidio, Forum Terzo Settore, Libera, Fondazione Internazionale Don Luigi di Liegro e Social Pride, con un invito particolare per favorire l’associazionismo. Quattro i presupposti dell’incontro: condannare ogni tipo di violenza, favorire e praticare la via del dialogo, fare proposte per superare l’emergenza e avviare concretamente un processo di recupero e riqualificazione delle periferie romane. Andrea Riccardi di Sant’Egidio ha esordito con un monito: “Bisogna ripartire dalle periferie. Ricostruire loro per aiutare Roma”. “Bisogna creare periferie vivibili. Bisogna investire sulla cultura dell’accoglienza. Vogliamo che la classe politica crei dei territori che siano laboratori interculturali” ha poi spiegato padre Camillo del Centro Astalli. Un ragazzo immigrato a poi lanciato il suo grido di speranza al microfono: “Non vogliamo vivere qui per rubare qualcosa. Ma per lavorare. Voglio ringraziare in particola modo la polizia che ci sta proteggendo”. A prendere la parola, anche il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici: “Ricordo ancora quando con l’ex sindaco Veltroni ci ritrovammo in Campidoglio in una situazione drammatica: avevamo davanti diverse bare con dentro i corpi di immigrati morti sulle coste italiane, pensavo si fosse imparata la dolorosa lezione. Ma così non è stato. Non abbiamo più voglia di vedere in questa città gruppi xenofobi e razzisti. Mentre si promuoveva l’iniziativa per condannare i fatti di Tor Sapienza, ne è avvenuto uno più grave: un gruppo ha impedito a dei ragazzi rom di uscire dal proprio campo. Una notizia che non abbiamo ancora metabolizzato. Chi ha fatto questo è rimasto impunito. E la gravità è che nessuno ne stia più parlando, nonostante quel giorno quei bambini non siano potuti andare a scuola. Bisogna utilizzare questa piazza per portare proposte. C’è una cosa infine che mi ha colpito: prima di me ha parlato un ragazzo immigrato ed è stato detto di non fargli delle foto. Scusate ma io mi ribello, chi non dovrebbe circolare per strada sono quelli che vorrrebbero aggredirlo. Sono loro che dovrebbero nascondersi. Non dobbiamo lasciarsi intimidire. La storia di chi è sopravvissuto alla Shoah non viene raccontata a caso, ma per fare in modo che a nessuno possa mai capitare di nuovo una cosa del genere”.

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(5 dicembre 2014)