Dalle parole ai fatti
Le mie riflessioni sul come rendere evidente l’enorme e variegato contributo dato dalle donne ebree alla “storia”, sono partite dalla rilettura di un libro realizzato a più mani, “Les femmes dans les livres scolaires”, pubblicato nel 1985, commissionato dalla Casa delle donne di Bruxelles: il corrispettivo belga dell’omonima organizzazione presente in Italia e facente capo a denominazioni diverse di donne, di femministe, di studiose, di politiche. Il libro fu presentato anche in Italia, a Roma, nella sede della Commissione Europea.
L’obiettivo del collettivo femminista che commissionò la ricerca a cinque esperte in settori diversi (Scienze, Filosofia, Storia, Storia dell’Arte, Letteratura) e l’elaborazione dei risultati, per la realizzazione del libro, era quello di rendere evidente come nei libri di testo per la scuola le figure femminili fossero/siano praticamente assenti. Perché si focalizzarono sui testi scolastici? Perché essi rappresentano, di fatto, una utile ‘summa’ della conoscenza, facilmente fruibile e gestibile da parte di docenti e studenti. Il manuale scolastico, oltre ad essere un contenitore di dati, è anche un efficace, immediato, strumento didattico e pedagogico. A fronte, invece, della complessità e della vastità di letture più specialistiche ed elaborate che potranno essere accolte o ricercate in seguito, una volta effettuata la scelta di approfondire la conoscenza scientifica.
Il processo di approssimazione a queste ricerche partì dall’analisi dei libri per la scuola primaria e giunse poi a quelli per la secondaria: senza incontrare cambiamenti significativi! Salvo rarissime eccezioni, le donne non erano presenti o risultavano descritte poco, in modo parziale, con poco rilievo e colore.
Dai libri scolastici si potrebbe dubitare della consistenza stessa numerica del genere femminile nei secoli. La domanda posta alle cinque studiose fu: cosa fanno dunque le donne mentre gli uomini si distinguono in politica, nelle arti, in letteratura, nelle scienze? L’obiettivo ultimo non era tuttavia quello di ristabilire una verità storica, quanto piuttosto di evidenziare gli effetti negativi sugli studenti delle superiori di una visione così parziale, distorta e sostanzialmente incorretta delle donne. Si desiderava ristabilire, dunque, un’uguaglianza delle possibilità di scelta e rifiutare differenze e discriminazioni, veicolo di sessismo e bullismo.
Le studiose diedero una classificazione alle diverse rappresentazioni delle donne presenti, seppur sporadicamente, nei libri di testo e, alla voce Eroine, dopo Giovanna d’Arco, era citata Rosa Luxembourg!
Ecco stabiliti un paio di punti fermi frutto delle mie riflessioni: 1°. la storia dell’umanità, conoscibile attraverso i libri di testo comunemente utilizzati nelle scuole di tutto il mondo, mantengono, ancora oggi, una parzialità di illustrazione dell’opera e del contributo femminile al progresso. 2°. Che nonostante quanto detto al punto 1°, almeno per quanto attiene ai testi scolastici europei, una donna non è stata ‘elidibile’ dalla storia generale e che quella donna fosse una donna ebrea: Rosa Luxembourg. Vedremo poi come e quante altre donne ebree operassero indelebilmente sulla storia dell’epoca e per gli anni a venire.
“Uno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro del Giudaismo!”
Perché uso Giudaismo e non Ebraismo o, ancor più correttamente, per la citazione da Karl Marx, Comunismo?
Per ricordare che, se le condizioni di vita di metà del genere umano (quello femminile) erano state più dure, più complesse, di quelle degli uomini [perché limitate nella partecipazione sociale, religiosa, politica, con norme e leggi specifiche], quelle di una minoranza assoluta, il popolo ebraico, disperso nel mondo in tante piccole comunità, all’interno di stati, nazioni, culture maggioritarie diverse e spesso ostili, erano state caratterizzate da ricorrenti momenti di discriminazione e paura per la sopravvivenza fisica stessa, prima che culturale.
Dicevo di come altre donne, nello stesso periodo storico, e da quel momento senza più possibilità di frenarle, avessero segnato indelebilmente la storia insieme a Rosa Luxembourg. Abbiamo accennato alle società ostili nelle quali vivevano, spesso sopravvivevano, le piccole comunità ebraiche. Non è mai stato particolarmente gradito lasciare che si insediassero senza limitazioni, vivendo come cittadini con parità di diritti: più spesso obbligati a risiedere in specifiche aree, in modo anche malsano. Chi erano queste donne ebree eccezionali, da dove provenivano, cosa ci hanno insegnato e donato: 1° la ricerca dell’uguaglianza, 2° il desiderio di educazione e crescita culturale, 3° la caparbietà nel perseguire gli obiettivi.
Nel corso del XIX secolo si assiste a un generale cambiamento sociale, spinto, forzato, dallo sviluppo industriale che rivoluziona definitivamente il modo di vivere e di aggregarsi nei grandi centri urbani, capitanato dalle storiche potenze europee, l’Inghilterra in testa, a seguire con spirito sempre espansionista, belligerante, imperialista, Francia e la futura Germania. Di fianco allo sviluppo industriale e bancario sempre più accentuato, si assiste a grandi risvegli culturali, di coscienza… uno spiantato avvocato ebreo, certo Karl Marx, germanico, scrive e sopravvive stentatamente con la sua famiglia, pensa ed elabora un pensiero filosofico che si colloca al punto di chiusura e svolta della storia ‘fino ad allora conosciuta’, definendo tutto ciò che era stato in precedenza come un continuum di ‘lotta tra classi sociali’.
Le poche famiglie ebree agiate, ricche, colte, erano sottoposte anch’esse alle turbolenze sociali ricorrenti, discriminazione e antisemitismo erano realtà quotidiane. La panacea per avere le porte dell’Europa aperte? L’assimilazione: ancor meglio, sempre gradita (anche se comunque oggetto poi di speculazioni e sospetti) la ‘conversione’ religiosa! Nella terra dei Germani, che tanto si farà ancora notare, abbiamo alcuni esempi ‘di studio’ molto significativi, i compositori Giacomo Meyerbeer e Ignaz Moscheles. Entrambi ambiziosi, di famiglia facoltosa, grandi strumentisti e virtuosi, requisiti essenziali per un accesso illimitato nella società ‘non-ebrea’: entrambi utilizzeranno la conversione per essere accettati nella ‘cultura europea’. Moscheles, nativo della Boemia, che insegnerà sia a Felix che a Fanny Mendelssohn, spianando loro la strada per essere ascoltati dalla Regina Vittoria, trovò conveniente far battezzare Anglicani i suoi due figli (pur rimanendo lui ebreo) e lo stesso Mendelssohn si convertirà al Cristianesimo e aggiungerà al suo cognome Bartholdy, per confondere ancor più le tracce.
In questa realtà le figlie femmine di famiglie ebree non agiate, povere, erano senza altra prospettiva che quella di fare un buon matrimonio, con un giovane timorato del Signore, assolvere tutti i precetti e insediarsi in casa come nel tempio del proprio parzialissimo potere. Ma nel frattempo la stragrande maggioranza delle classi più povere, operaie, si organizzava sindacalmente, politicamente, facendo tesoro del pensiero di Marx: e in Europa spira sempre più forte un vento di ribellione, la spinta all’uguaglianza sembra liberare per sempre gli ebrei da secoli di asservimento. Dove ci si può sentire meno ‘diversi’ se non dove tutti stiano lottando per l’uguaglianza!! La spinta ideale, tuttavia, non è sufficiente a migliorare la condizione sociale: l’emigrazione verso l’America diventa un’alternativa sempre più accettata.
Stiamo parlando in questo caso degli Stati Uniti d’America, in cui si riverseranno masse di emigranti dalla vecchia Europa, già prima delle due Guerre Mondiali [in seguito I GM e II GM]. Facendo un salto indietro nel tempo di 360 anni, siamo in grado di risalire alla prima comunità ebraica che si insedi nel Nord Est degli Stati Uniti: a Nuova Amsterdam (la futura New York).
Il 7 settembre 1654, arrivando da Recife, Brasile, in fuga dalle persecuzioni portoghesi, sbarcano 23 ebrei di cui 6 famiglie così composte: 4 uomini, 6 donne (di cui due vedove) e 13 bambini. Sono le prime donne ebree a sbarcare negli Stati Uniti. Ebrei maschi ne erano già sbarcati in precedenza, avevano sposato donne del luogo e, nel medio termine, erano ‘scomparsi’. Questo gruppo, invece, proprio per la presenza delle donne, indica una comunità che resti e cresca. Ed è ciò che pensa anche il Governatore Peter Stuyvesant che non vuole accettarli, non vuole che s’insedino: scrive alla Duch West India Company [DWIC]. L’effetto sperato non ci sarà, l’Olanda è più tollerante, anche perché molti capitali di ebrei sono investiti nei commerci olandesi e nella DWIC.
Sbarcarono il 7 settembre e il 14 settembre 1654, uno dei più pugnaci elementi del gruppo, Asser Levy, Askenazita, chiama in giudizio una delle donne ebree sbarcate, per un presunto debito contratto con lui: la controparte è Ricke Nounes, sefardita, e anche la prima donna ebrea a vincere una causa nel tribunale di New Amsterdam, lower Manhattan! È iniziata con lei e con Judicq de Mereda la storia degli ebrei americani, delle donne ebree di New York!
Tornando agli inizi del secolo scorso, nella vecchia Europa, le condizioni di vita precarie, i pogrom nell’est europeo, le lotte operaie che non riescono a migliorare le condizioni di vita della gente e la presenza in prima linea di tanti giovani ebrei, creeranno un altro effetto secondario che si ‘incollerà’ negativamente alle loro esistenze. Gli ebrei sono identificati come eversivi, fautori del comunismo per distruggere l’ordine costituito: ricordiamo che alla fine della I GM saranno scomparsi 4 Imperi (e che l’avallo ai ‘regnanti’ fosse fondato sulla sacra ‘unzione divina’ di cui era rappresentante e garante la Chiesa, il Cristianesimo). Quando i principi filosofici di Marx saranno usati come base teorica per la Rivoluzione Bolscevica, che rovescia l’Impero Russo, e tra i rivoluzionari della primissima ora è ben rappresentata l’intelligentsia ebraica (Vladimir Lenin, Leon Trotsky, Grigory Zinoviev, Moisei Uritsky, Lev Kamenev, Yakov Sverdlov…) il teorema è definitivamente provato!
Ecco il 3° punto fermo: essere ebreo non è facile! Se sei ricco è perché vivi una vita separata e parallela, attingendo a fondi oscuri. Ma se sei povero è anche peggio, o soffri in silenzio, o sei un facinoroso eversivo, un comunista senza patria e nemico della chiesa. Se sei una donna ebrea impegnata politicamente, resti nella storia, come Rosa Luxembourg, ma non vivi a lungo: catturata, uccisa e gettata in un canale affluente del fiume Isar nel 1919, all’età di 47 anni da tre gendarmi [Otto Runge, che la tramortì con il calcio del fucile e i Luogotenenti Kurt Vogel e Hermann Souchon che le spararono alla testa], volontari facenti parte dei Freikorps [Corpi volontari nei quali militarono diversi nomi di spicco del Nazismo, tra gli altri Rudolf Franz Ferdinand Höß, primo comandante del Campo di sterminio di Auschwitz: la stessa formazione che da lì a tre anni ucciderà anche il Ministro degli Esteri Walther Rathenau, ebreo].
Nel vecchio continente, nel cuore di Berlino, un’altra donna ebrea lascerà un segno indelebile nella storia dell’umanità, oltre che in quella dell’ebraismo: Regina Jonas (1902-1944), la prima donna Rabbino, ordinata nel 1935 da un rabbino Liberal, Max Dienemann, capo dell’Associazione dei Rabbini Liberal di Offenbach am Main. Nell’evolvere delle persecuzioni contro gli ebrei ben presto Regina fu inviata ai lavori forzati, il 4 novembre 1944 la Gestapo le chiese la compilazione di una lista di tutti i suoi beni, libri inclusi, il giorno successivo fu deportata a Theresienstadt, dove lavorerà incessantemente per dare conforto alla gente e prevenire i tentativi di suicidio. Regina attendeva l’arrivo dei treni alla stazione per aiutare la gente a sopravvivere allo shock e al disorientamento. Fu deportata ad Auschwitz nell’ottobre 1944 e uccisa circa due mesi dopo. Le sue carte: le poche foto note, la sua tesi, il diploma di rabbino e poco altro furono ritrovati nel 1991 da una ricercatrice americana, nata in Germania.
Negli Stati Uniti si dovrà aspettare fino al 1972 per avere la prima donna rabbino Reform, il 1974 per una rabbina Reconstructionist e solo nel maggio 2006, da Israele, si ebbe notizia dell’ordinazione della prima rabbina Ortodossa Haviva Ner-David! Ciò nonostante in America c’erano state grandi proteste da parte di diverse donne che realizzeranno, se non il sogno di diventare rabbino, certamente quello di porre problemi scottanti e di essere realizzatrici di opere di pura creazione femminile!
È il caso di Julia Richman (1855-1912) che già a 11 anni aveva le idee molto chiare: “Non sono bella…non mi sposerò, ma prima che io muoia New York conoscerà il mio nome!” Alla sua morte gran parte dei newyorkesi sapeva chi fosse! Eccellente studentessa, in quanto donna non avrebbe dovuto continuare gli studi superiori. Condusse un’acerba battaglia in casa e ottenne di proseguire, entrando nel College Femminile appena creato [in seguito Hunter College]. Si diploma a 17 anni e inizia una quarantennale carriera di docente nella public School 59: sarà la prima ebrea diplomata nel College e la prima preside della scuola di Grammatica. Sviluppò un programma per l’apprendimento dell’Inglese per i giovani immigrati, che potesse testarne le capacità di apprendimento e indirizzarli al grado appropriato di classe. Insieme ad altre donne ebree organizza l’Unione Caritatevole delle Giovani Donne, che sarà presto assorbita dall’Associazione Libera Scuola Ebraica e trovò tempo anche per creare l’Associazione Giovani Donne Ebree. Quando nel 1885 inizia una massiccia immigrazione ebraica dalla Germania, crea l’Alleanza Educativa, con altri gruppi preoccupati da una possibile ‘balcanizzazione’ e frammentazione dei conflitti interni alle comunità, che si prefigge una full immersion nella lingua inglese, soprattutto per i più giovani, prefiggendosi di strapparli ai modi e ai ricordi della terra d’origine. Sarà la più importante organizzazione ebraica che lavori per l’Americanizzazione dei nuovi arrivati.
Un’altra donna ‘ispirata’ fu Henrietta Szold (1860-1945), la fondatrice di Hadassah, la prima e più grande Organizzazione Sionista Femminile. Un’anticipatrice della liberazione delle donne ebree: ottenne il permesso di studiare al Jewish Theological Seminary, per soli uomini. Insomma se fosse nata nel 1960 sarebbe forse diventata un rabbino!
Ma tornando indietro di cento anni è Rebecca Gratz (1781-1869) a essere considerata dagli americani la più importante ebrea americana del suo tempo. È ispirato a lei il personaggio di Rebecca nell’Ivanohe di Walter Scott: nata in una agiata famiglia di Filadelfia, che aveva sostenuto la Rivoluzione Americana, dedicò la sua vita al servizio dei più bisognosi. A soli 20 anni organizzò l’Associazione Femminile di aiuto alle donne e ai bambini bisognosi; sempre molto preoccupata per l’educazione religiosa dei bambini ebrei, nel 1818 creò la Scuola Ebraica domenicale, sulla falsariga delle scuole domenicali cristiane. Nel 1819 fondò la Società di beneficenza Donne Ebree, nel 1855 l’Orfanotrofio e la Casa di affidamento Ebraica.
In America dunque sembra andasse tutto meglio… un poco meglio. Per le donne Musiciste: Fannie Bloomfield Zeisler (1863-1927), proveniente dalla Slesia, grande virtuosa di pianoforte, riuscì a farsi spazio nel mondo elitario dei concerti, dominato dagli uomini, ed ebbe una lunga carriera … costellata da questo giudizio critico: “She plays like a man! Suona come un uomo!”
Ricordate cos’abbiamo detto delle sostanziali differenze nella comune condizione di ricatto e pressione sociale? Anche in America, come in Germania, saranno le ‘attiviste’ donne, le giovani impegnate nel sindacato, coloro che si ribelleranno all’ordine interno delle comunità, che relega il ruolo della donna in una condizione limitata e soggetta a lottare per cambiare. Parliamo di Emma Goldman, nata in Lituania (allora parte dell’Impero Russo) nel 1869. Emma conosce subito la povertà, l’arbitrio degli ufficiali corrotti, la violenza contro le donne, la brutalità dei latifondisti verso i contadini, l’Anti-Semitismo. Nella sua stessa famiglia il padre sfoga in casa, su lei in particolare, la sua rabbia e frustrazione: “Abraham era l’incubo della mia infanzia!”, ricorderà in seguito. È brava negli studi, ma già alla scuola elementare si ribella contro la capricciosa autorità degli insegnanti. Nel peregrinare di città in città, a Pietroburgo segue ulteriori 6 mesi di scuola ed entra in contatto con gli studenti radicali e le idee rivoluzionarie. Avida lettrice di libri, divora i lavori dei populisti e dei nihilisti russi, la sua immaginazione si sbriglia, il suo pensiero ideale si rafforza, ma le sue convinzioni sono fortemente contrastate dal padre.
“Una figlia ebrea ha solo bisogno di sapere come preparare il gefilte fish, tagliare bene i noodles e dare tanti figli all’uomo”. Non voleva continuasse gli studi, la manda a lavorare in fabbrica, cerca di forzarla in un matrimonio all’età di 15 anni. Sognando un mondo più giusto, di giustizia e libertà, Emma fuggirà con la sorella dalla Russia, per gli Stati Uniti, nel 1885: aveva 16 anni!! Al suo arrivo sentiva di essere giunta nella terra della libertà, “che dà asilo agli oppressi di tutto il mondo…troveremo anche noi un posto nel generoso cuore dell’America!”
Si ricrederà subito: gli anarchici sono considerati i colpevoli di qualsiasi atto, anche presunto, le classi lavoratrici vivono in condizioni miserrime, i padroni pagano polizie private, pronte a bastonare e a sparare sugli operai in sciopero. Anche l’Anti-Semitismo è un fattore negativo: “da piccola sognavo di diventare una Giuditta che taglia la testa ad Oloferne, per vendicare le offese inferte al mio popolo”….poi, da grande, dichiarerà che le sue convinzioni in fatto di giustizia e uguaglianza erano fortemente radicate negli insegnamenti ebraici…ma anche che bisognasse liberare la mente umana dal dominio della religione. Più importante di ogni cosa è l’istruzione! Nel 1897 la Goldman scrive “chiedo l’indipendenza delle donne, il loro diritto a essere autonome, di vivere per proprio conto, di amare chiunque desiderino, o anche quanti ne desiderino!!” La Goldman sarà cacciata, espulsa, imprigionata più volte, in un clima di crescente diffidenza verso gli stranieri, dopo la I GM. Sarà preoccupata dal sorgere di Fascismo e Nazismo, fortemente critica dell’Unione Sovietica e della Rivoluzione Bolscevica. Parteciperà alla Guerra Civile Spagnola e dopo la vittoria di Franco, si rifugerà in Canada. Muore nel 1940: solo dopo la sua morte il Governo americano permetterà il rientro del corpo negli Stati Uniti. Ai suoi funerali assistettero migliaia di persone e Harry Weinberger, il suo avvocato, reciterà un elogio funebre di eccezionale bellezza!
Non possiamo elencare tutte le donne ebree provenienti dal vecchio continente che abbiano cambiato la loro storia e quella dei paesi in cui rifugiarono, o in cui scelsero di vivere, senza qualche seppur breve cenno alle loro speciali esistenze. Abbiamo scorto intellettuali, artiste, mecenati, politiche, accennato alle rivoluzionarie: ricordiamo ora quelle donne più discrete, meno evidenti, ma imprescindibili per il progresso umano. Le scienziate! Rosalyn Yalow, 1921-2011, è stata la seconda donna a ricevere il Premio Nobel (dopo la Curie). Anche lei aveva frequentato l’Hunter College a NY. Un’altra vincitrice di premio Nobel, la nostra Rita Levi Montalcini, 1909-2012, che inizia i suoi studi a Torino e li dovrà interrompere alla promulgazione delle leggi razziali. Mary Jahoda (1907-2001) una figura preminente in Psicologia. Le sue ricerche furono centrate sugli effetti della disoccupazione nella sfera del benessere emotivo, così come dell’impatto, nella società del periodo maccartista, della caccia alle streghe. Ottenne il Dottorato di Ricerca all’Università di Vienna nel 1933. Ma già nel 1937 dovette abbandonare l’Austria: poche copie dei suoi libri sopravvissero al rogo nazista dei libri. Rifugiò negli Stati Uniti nel 1945. Nel 1953 fu la prima dona eletta Presidente della Società di Studi Psicologici dei problemi sociali. E che dire di Mary Belle Grossman, 1897-1977, che fece storia nel 1918 essendo una delle due donne per prime ammesse nell’Ordine degli Avvocati Americani! Decise di diventare avvocato mentre lavorava come stenografa, notando come i suoi colleghi maschi guadagnassero di più e facessero più velocemente carriera! Dedicò la sua vita a proteggere le donne dai soprusi.
Abbiamo ripercosso più o meno diacronicamente e specularmente alcuni momenti significativi del grande cambiamento epocale avvenuto alla fine del XIX secolo e il periodo tra le due ferali Guerre Mondiali, abbiamo incontrato longeve donne ebree protagoniste dei cambiamenti epocali occorsi tra Europa e Stati Uniti, tra queste le grandi femministe: Hannah Greenbaum Solomon (1858-1942), proveniente dalla Germania, che fondò il Consiglio Nazionale delle Donne Ebree nel 1893, la più antica e attiva organizzazione femminile ebraica ancora esistente. E naturalmente Bertha Pappenheim (1859-1936), che fondò nel 1904 il Movimento Femminista Ebraico. Della sua vita molto è stato scritto, conscia fin dall’infanzia che i genitori preferissero un figlio maschio. Sarà citata nell’opera di Freud come il famoso caso clinico di “Anna O.”, che segnò l’inizio della psicoanalisi. E poi arrivò il momento di Betty Friedan (1921-2006) e del femminismo moderno, ma questa è un’altra storia!
Cosa accade ancora di ‘notevole’ da interpreti femminili del mondo ebraico: abbiamo teorizzato una specularità di situazione tra vecchio e nuovo continente, abbiamo stabilito come un “carotaggio”, che ci fornisca, in sezione, le componenti del più vasto terreno o manufatto da cui proviene o, per dirla con le parole di Vilfredo Pareto, il microcosmo illustra il macrocosmo. Dalla continuata pressione sociale, dalle spinte centrifughe, emarginanti, non si esce indenni.
Le due donne ebree di cui diremo, furono il prodotto di un’epoca particolare, terribile, vissuta in due paesi lontani e, almeno apparentemente, distanti e diversi negli ideali democratici. Stella Goldschlag (1922-1994) ebrea tedesca di Berlino, soprannominata “Veleno biondo”. Collaborò con la Gestapo nel far arrestare gli ebrei tedeschi in clandestinità, nascosti o rifugiati con documenti falsi. Sopravvisse denunciando gli altri. Anche i suoi familiari furono deportati e uccisi. Arrestati nella primavera del 1943, torturata, per evitare la deportazione sua e della famiglia iniziò la sua collaborazione con la Gestapo. Dopo la guerra tornò in clandestinità per non essere catturata, ma i Sovietici l’arrestarono nel 1945. Si sposò 5 volte, di cui le prime due con ebrei tedeschi. Dopo la guerra si converte al cristianesimo, diventa una feroce anti-semita e, infine, si suicida.
A New York, nel 1915, nasceva Esther Ethel Greengrass, maritata Rosenberg, una delle più note vittime del periodo maccartista e della Guerra Fredda. Accusata insieme al marito Julius di aver divulgato segreti atomici, sottratti nel luogo di lavoro, sarà giustiziata nel 1953.
Ethel, madre di due bimbi piccoli, all’epoca non lavorava nemmeno più, per poter accudire ai figli. I primi accusati del reato di spionaggio in favore dell’Unione Sovietica, furono dei conoscenti del fratello e della cognata di Ethel Rosenberg. Per evitare il coinvolgimento e le accuse del FBI, David e Ruth Greenglass puntarono a loro volta il dito verso il cognato Julius, che fu giustiziato come sua moglie Ethel. L’apertura degli archivi sovietici, se ci fosse stato bisogno di conferme, ha fatto accertare la mancanza di qualsiasi file né pubblico, né riservato, che implicasse i coniugi Rosenberg! Le origini russe della famiglia di Julius e l’attività sindacale svolta da Ethel in passato, furono gli elementi probanti che li fece condannare!
Due facce della stessa medaglia. Ma poi i tempi cambiarono, sono cambiati, specie negli Stati Uniti d’America. Queste poche, ultime, notazioni riguardano l’ultima figura femminile che abbia lasciato la sua perenne impronta nella storia: Ruth Bader Ginsburg, Giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti, nata nel 1933. È la seconda donna ad assumere l’incarico nella Corte Suprema e la prima Ebrea a ottenerlo.
Questo è uno stralcio dal suo discorso davanti alle Camere all’atto della sua nomina:
Sono un’Americana di prima generazione da parte di padre, appena di seconda da parte di madre. Nessuno dei miei genitori ha avuto i mezzi per frequentare il College, ma entrambi mi hanno insegnato ad amare l’istruzione, a curarmi delle persone, a lavorare duramente per ottenere qualsiasi obiettivo volessi raggiungere, o in cui credessi. I loro genitori furono lungimiranti nell’abbandonare il vecchio continente, dove la discendenza Ebraica, la fede religiosa, ti esponeva ai pogroms e alla denigrazione dei valori umani in cui credevi.
Il giudice Ginsburg non è un’ebrea osservante, ma è certamente ben cosciente delle sue radici ebraiche, come evidenziato dal pezzo citato e dalla risposta data al Senatore Edward Kennedy, quando le suggerì che la sua particolare esperienza di donna dovesse renderla sensibile nel combattere la discriminazione razziale:
Senatore Kennedy, Io sono attenta alle discriminazioni. Sono cresciuta durante la II GM in una famiglia ebrea. Io ho memorie come bambina, anche di prima della guerra, in cui sono nella macchina dei miei genitori e passiamo davanti a un villaggio turistico, in Pennsylvania (ricordate Peter Stuyvesant???), con un cartello fuori che recita: “Non sono ammessi né cani né Ebrei”. Cartelli di quel tipo esistevano in questo paese durante la mia infanzia. Non può essere d’aiuto, ma certamente ti sensibilizza alle discriminazioni, aver vissuto come Ebreo in America durante la II GM.
Marisa Patulli Trythall
(30 dicembre 2014)