J-Ciak – Via con le piaghe. In Egitto

exodus scottAvevamo inaugurato il 2014 con il visionario “Noah” di Darren Aronofsky e ci avviamo a salutarlo con un altro kolossal d’ispirazione biblica, “Exodus – Dei e re” di Ridley Scott, da domani nelle sale statunitensi (in Italia l’uscita è prevista a metà gennaio). Gli effetti 3D sono da brivido, le scenografie magnificenti – da non perdere le piaghe che si abbattono sull’Egitto – il cast di tutto rispetto. Eppure l’accoglienza è alterna: c’è chi grida al capolavoro, chi lo considera una rivisitazione de “Il gladiatore” in chiave biblica, chi rimpiange “I dieci comandamenti” (1956) di Cecil De Mille o “Il principe d’Egitto” (1998) di Dreamworks. E, fuor di critica cinematografica, qualcuno già ne contesta la scarsa adesione al testo biblico.
Il film, che ha potuto contare su budget notevole (140 milioni di dollari), in ogni caso va visto. Se non altro perché, malgrado i difetti, ha un impatto visivo così potente da trascinare anche lo spettatore più riluttante. E perché nei prossimi mesi se ne parlerà parecchio, anche in ambito ebraico.
Per ora ha fatto notizia la scelta di Ridley Scott di rappresentare Dio, che si palesa a Mosè nel roveto ardente con la voce bambina di Malak, interpretato da Brit Isaac Adam, grazioso undicenne attore britannico.
Molto si è discusso anche dell’opportunità di un cast quasi del tutto anglosassone. Fra gli attori figurano infatti Christian Bale nel ruolo di Mosè, Joel Edgerton come Ramses, Sigourney Weaver nella parte di Tuya, John Turturro come Seti e Ben Kingsley nel ruolo dell’anziano e saggio ebreo Nun. Una decisione sensata per un film ambientato nell’antico Egitto? Su Twitter il magnate dei media Rupert Murdoch ha tagliato corto “Da quando in qua gli egiziani non sono bianchi? Tutti quelli che conosco lo sono” (anche se poi è saltato fuori che con un cast diverso i finanziamenti potevano essere a rischio).
Per ovviare alla questione, gli attori erano stati in ogni caso pesantemente truccati con strati di fondotinta arancio scuro e mascara. Il che non aiuta sul fronte del realismo, anche se il realismo è l’ultimo dei problemi per un film che corre sul filo della visione, nello sforzo di imprimere un respiro nuovo a una vicenda antichissima.
La narrazione si apre con Mosè ormai adulto che scopre le sue vere origini, tenta malgrado ciò di condurre una vita normale, ma finisce per seguire il suo destino e guidare il popolo d’Israele dalla schiavitù in Egitto verso la libertà. La devastazione delle piaghe che colpiscono il paese è raffigurata con una potenza drammatica indimenticabile e la traversata del Mar Rosso è impressionante, con quella valanga d’acqua che lenta si richiude a inghiottire l’esercito del Faraone. Forse il film poteva chiudersi qui. Ma Ridley Scott accompagna il popolo d’Israele nel deserto, fino ai Dieci Comandamenti, mostrandoci Mosè ormai anziano al limitare della tanto agognata terra di Canaan.

Daniela Gross

(11 dicembre 2014)