Nugae – Dipendenza

fmatalonSe si parla di letture israeliane c’è solo un testo che viene consultato più dei libri di Amos Oz, e quello è la ricetta dell’hummus. Ossessione degli appassionati di cibo fashion dagli anni 2000 e degli israeliani dalla creazione del mondo, l’onnipresente salsina è una rivelazione per cui i ceci da legume bruttino si trasformano in ambitissimo nettare beige. O una persecuzione, per tutti gli allergici, o non amanti, o afflitti da entrambe le disgrazie. Non solo se lo sono ritrovati per dieci giorni di fila a colazione, pranzo, cena, e insieme a caffè e biscottini durante l’ultimo viaggio in Israele, ma ormai sta persino accanto a cocktail colorati in un milanesissimo aperitivo. Ma anche considerata l’esistenza di questa sciagurata parte di popolazione, l’inesorabile invasione ha anche i suoi risvolti positivi. Una nuova campagna lanciata dall’organizzazione americana anti-fumo The Truth la sfrutta per esortare la gente a buttarsi sull’hummus invece di fumare sigarette. Può non sembrare ma un collegamento esiste. Le proporzioni del fenomeno dello strapotere del cece sono, come ogni cosa, molto più ciclopiche negli Stati Uniti: il Wall Street Journal ha riportato un rapporto del Dipartimento dell’Agricoltura che rileva che la raccolta di ceci del 2013 nel paese è cresciuta del 51% rispetto all’anno precedente, e il suo valore ha toccato il record di 115,5 milioni di dollari. Così, la crescente popolarità dell’hummus combinata con un calo nelle vendite di sigarette ha spinto alcuni contadini di tabacco furbi a convertire i loro campi in coltivazioni di ceci. Per The Truth allora, che ha calcolato una recente forte diminuzione del numero di coltivazioni di tabacco, il passo è breve: “Poniamo fine alle grandi compagnie di tabacco mangiando più hummus” è lo slogan della campagna. Tutto molto interessante, ma a parità di palestra per smaltire a questo punto non poteva essere nutella?

Francesca Matalon

(14 dicembre 2014)