Spinoza…
Una volta il mio interlocutore (ebraicamente preparato) durante una conferenza che ho tenuto alla Casa Della Cultura a Milano mi chiese: “Sarebbe stato possibile Spinoza senza la tradizione ebraica?”. Risposi: “Probabilmente no”.
Tuttavia: se e in che misura la Qabbalah conduca alle conclusioni “spinoziane” è una questione che ha occupato molti dei suoi studiosi che tentano di dimostrare che il sistema panteista di Spinoza deriverebbe in parte da fonti cabalistiche. Risulta evidente che è piuttosto arduo seguire il diramarsi di queste teorie, sopratutto in relazione alla vasta letteratura della Qabbalah, e i suoi eventuali influssi sulla speculazione filosofica moderna fino all’enunciazione del principio “Deus sive Natura” da parte di Spinoza. Il problema del rapporto tra Spinoza e la Qabbalah si può esprimere in alcuni interrogativi specifici: Vi è unità di sostanza tra il Creatore (emanatore) e il creato (emanato)? La sostanza di D-o promana in tutto, oppure promana solo la potenza irradiata di tale sostanza? Se vi è unità di sostanza tra Ein-Sof (D-o) e le Sefiroth (attributi), vi è anche la stessa unità tra En-Sof e gli esseri creati? D-o, l’anima del mondo, è identico al mondo? D-o esiste negli esseri creati, ossia, è immanente in essi soltanto?
Quando troviamo risposte positive a queste domande, ci sono buone ragioni di ritenere che abbiamo a che fare con Spinoza, e quando non le troviamo, possiamo dedurre il contrario. Spinoza darebbe risposte positive a queste domande, mentre la Qabbalah certamente no.
All’inizio del XIX secolo fu coniato il termine panenteismo per distinguere tale concezione dal panteismo. Non vi è dubbio che il concetto di panenteismo può riferirsi al pensiero della Qabbalah. Una posizione simile era già sottintesa nell’affermazione del Midrash che “Il Santissimo, che sia benedetto, è il luogo del Mondo, ma il mondo non è il Suo luogo”. La concezione panenteista è parte fondamentale del pensiero della Qabbalah e lascia spazio per una rappresentazione personalistica della Divinità. Se D-o è separato dal mondo, è anche in esso, “Egli è al di fuori quanto è dentro”, e che “Egli riempie tutto e causa tutto” senza che questa immanenza precluda una concezione personalistica e trascendente di Lui.
Paolo Sciunnach, insegnante
(15 dicembre 2014)