Melamed – Educare alla Shoah
Un network per la Memoria
“Più tempo, e un altro incontro molto presto”, questa l’esigenza più sentita dai partecipanti al Simposio Europeo ‘Stabilire una rete europea per l’insegnamento sull’educazione alla Shoah’ tenutosi al Centro culturale Il Pitigliani di Roma. Organizzato nell’ambito del semestre italiano di Presidenza europea dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in collaborazione con lo Yad Vashem di Gerusalemme e con l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, il Simposio ha portato a Roma oltre cento partecipanti in rappresentanza di tutti i paesi europei, che hanno assistito durante la mattinata a due sessioni plenarie per essere poi suddivisi in tre gruppi tematici.
Dopo gli interventi istituzionali, che hanno visto gli interventi del Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, di Andreas Loverdos, Ministro dell’Istruzione e degli Affari Religiosi della Repubblica Ellenica, del Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri e alla Cooperazione Internazionale Mario Giro, del Direttore della Scuola internazionale per gli studi sull’Olocausto Eyal Kaminka, Vince Szalay-Bobrovniczky, ambasciatore d’Ungheria in Austria e Capo delegazione dell’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA), Il presidente dell’UCEI Renzo Gattegna ha concluso la prima sessione sottolineando che “Ricordare, studiare, approfondire la conoscenza della Shoah significa trasmettere valori, insegnare a rispettare i diritti di tutti, lottare contro razzismo e xenofobia, per concorrere a costruire una società aperta e rispettosa di ogni diversità”.
Le lezioni dei due studiosi arrivati dallo Yad Vashem – David Silberklang e Shulamit Imber, direttore pedagogico della International School for Holocaust Studies – sono state salutate da lunghi applausi e commentate in sala da un mormorio in cui le tante lingue dei partecipanti si mescolavano all’ebraico, usato in alcuni casi come lingua franca. Imber, prima ancora di iniziare, ha annunciato con l’energia che ha poi caratterizzato tutta la sua presentazione che “Non sarà difficile creare un network europeo per l’educazione alla Shoah, qui vedo talmente tanti dei miei studenti che in pratica noi siamo già una rete completa, di conoscenze e competenze condivise”. Perché l’obiettivo dichiarato, come ha ribadito più volte Simonetta Della Seta, consigliere dell’Ambasciata d’Italia per gli affari culturali ed educativi, che durante il Simposio si è prestata come moderatrice, è quello di creare una rete che permetta di condividere il sapere delle tante persone che si occupano di insegnamento della Shoah in tutta Europa. Imber ha ricordato che “Già nel 1957, in Israele, a soli 12 anni dalla fine della Shoah, si era tenuto un incontro in cui sopravvissuti, insegnanti, educatori e giornalisti si erano ritrovati per ragionare insieme su come trasmettere, insegnare e far comprendere quello che era successo”. E già allora Abba Kovner, poeta, scrittore, sopravvissuto che fu poi anche testimone al processo Eichmann, aveva espresso una grande preoccupazione all’idea che la memoria della Shoah fosse considerata una ossessione personale dei sopravvissuti, e non parte di un patrimonio collettivo, importante per il mondo intero. Il racconto di come si è sviluppato il ragionamento sulla didattica della Shoah, con tutte le sue difficoltà e i suoi problemi, ma anche con i suoi successi e l’incredibile numero di insegnanti che negli hanno hanno partecipato ai seminari tenuti dallo Yad Vashem si è così mescolato a una mole enorme di informazioni sugli aspetti più tecnici dell’insegnamento, e a ragionamenti sulle ulteriori necessità di studio, perché tanto è quello che ora sappiamo ma – come ha dimostrato con numerosi esempi David Silberklang – è tantissimo quello che ancora non sappiamo, e molto anche quello che probabilmente non sapremo mai. Lo storico Michele Sarfatti, direttore del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea ha iniziato la sua lezione ricordando ai presenti come a settant’anni dalla sua conclusione la consapevolezza della Shoah sia minacciata molti. “I nostri nemici sono: coloro che cadono nella retorica; chi si interessa solo dei salvati e dei loro soccorritori; chi vuole solo provare o provocare commozione; chi si interessa solo di chi è stato ucciso ma non di chi c’era, prima, né di chi c’è ora; chi usa le parole e le immagini della Shoah per qualsiasi argomento, dall’aborto al conflitto a Gaza; chi considera la Shoah come il male assoluto e non come fatto storico; chi non riconosce che la Shoah è stato un evento diverso da tutto quello che è stato”. Paul Salmons, del Center for Holocaust Education dello University College di Londra, ha illustrato il lavoro di ricerca portato avanti dalla sua università, presentando anche i risultati di uno studio in cui è stato valutato l’interesse degli insegnanti britannici all’insegnamento della Shoah. Valutato ancora più interessante dai partecipanti il secondo lavoro presentato da Salmons, in cui l’indagine è stata condotta tra gli studenti, per valuta cosa sappiano e cosa capiscano, e anche cosa credono di sapere sull’argomento.
Lezioni interessantissime per tutti i presenti, che però hanno lasciato poco tempo alla parte più operativa del Simposio, e i workshop, secondo tutti i partecipanti, “sarebbero dovuti durare almeno un altro giorno”. Il materiale di riflessione non manca, così come è fortissima l’esigenza, espressa da tutti, di tenersi in contatto e di procedere rapidamente a costruire quel network su cui l’Italia – considerata da tutti un esempio per il modo in cui negli anni è stata capace di sviluppare ragionamenti e buone pratiche sull’argomento – già molto ha lavorato e continuerà a lavorare.
Ada Treves twitter @atrevesmoked
(16 dicembre 2014)