J-Ciak – Topi e follie a Chanukkah
Le candele di Chanukkah scintillano, abbiamo cantato, giocato con il sevivon e siamo sazi di sufganiot. Momento ottimo per gustarsi un film, anche se per trovarne uno a tema bisogna ingegnarsi. Mentre Natale è fra i temi più sfruttati dal grande schermo – fra nuove uscite, grandi classici e infinite variazioni – in fatto di Chanukkah il cinema è assai più avaro e bordeggia spudorato fra pop e trash.
Tra i cult di Channukkah ci si può concedere “Otto notti di follie” (2002) con Adam Sandler, premiato allora come peggiore attore protagonista, pellicola ispirata al suo terribile e famosissimo “Chanukkah Song”. In alternativa, ecco “The Hebrew Hammer” (2003), con Adam Goldberg nei panni del vendicatore ebreo – ispirato a Giuda Macabeo – che difende Chanukkah dal perfido figlio di Babbo Natale e volendo ci si può regalare anche il sequel, “The Hebrew Hammer vs Hitler”. Non granché per i cinefili, ma è festa e si può sbracare un po’.
In alternativa, un classico di Chanukkah – quanto meno negli States – è “Fievel sbarca in America” (1986), animazione di Don Bluth prodotta da Spielberg, che racconta la storia di Fievel Mousekewitz, topolino che nel 1885 fugge da Mosca con la famiglia per rifugiarsi in America. Il suo cappellino blu è un dono di Chanukkah del padre, che gli racconta come il copricapo sia in famiglia da tre generazioni. Il film è delizioso, anche se non è detto che i più piccoli, avvezzi alla grafica folgorante dei Minion di Despicable 1 e 2, si lascino incantare da questi topolini così old fashioned.
Tornando agli adulti – e forti di stomaco – la rivolta dei fratelli Maccabei echeggia nel grande pastiche sulla vendetta orchestrato da Quentin Tarantino in “Inglorious Bastards” (2009), dove la morte di Hitler e dei suoi gerarchi avviene per mano di un gruppo di soldati ebrei, feroci killer di nazisti (indimenticabile fra loro Donnie Donowitz, l’Orso ebreo interpretato da Eli Roth, che usa spaccare il cranio ai suoi nemici con una mazza da baseball).
I riferimenti diretti a Chanukkah corrono poi in decine di altri film. E tra i tanti vale la pena ricordare “Vi presento i nostri” (2010), in cui si festeggia con un cast stellare: la coppia Barbra Streisand-Dustin Hoffmann, ebrei anche nel film, e la coppia Robert De Niro- Blythe Danner che si scambiano doni al limite del surreale.
Ma più che dal grande schermo, le suggestioni di Chnukkah ci giungono dalla tivù, da serie di planetario successo quali “I Simpson”, “South Park”, “Friends”, “ER”, “Glee” (i fratelli Puckerman vi hanno pure dedicato una canzone di successo). E a rivoluzionare l’immaginario collettivo sulla questione, molto più di quel che hanno potuto il “Martello ebreo” di Adam Goldberg, le follie di Adam Sandler o i topolini di Don Bluth, arriva “O.C.”.
È qui, in questa seguitissima serie ambientata in California, che nel 2003 (per l’esattezza nell’episodio del 3 dicembre) vede la luce il termine “Chrismukkah”. A coniarlo è uno dei protagonisti, Seth Cohen, che per mettere d’accordo il padre ebreo e la madre protestante da bambino fonde le due festività in una ricorrenza che a suo dire ha una resistenza doppia ed è “la più grande superfesta conosciuta dal genere umano”.
“Chrismukkah” nasce dall’esperienza dell’ideatore della serie, Josh Schwartz, che da bambino aveva vissuto un’esperienza analoga sperimentando la difficoltà di condividere Chanukkah con i compagni non ebrei. “Mi sentivo un outsider – ha raccontato in un un’intervista – Anche solo provare a parlare con alcuni di loro di Hanukkah era come attivare da un altro pianeta e raccontare di come fosse la vita da quelle parti”.
Da allora negli Stati Uniti “Chrismukkah” è entrata nel lessico comune. C’è chi la festeggia come un’occasione ironica e alternativa e chi ne ha fatto un business, con tanto di siti web, merchandising, doni e libri di ricette. È la festa (fasulla) più pop che si possa immaginare, ma il suo sorriso aiuta a gettare un ponte tra culture e mondi diferenti.
Daniela Gross
(19 dicembre 2014)