Ferrara – Meis, il Libro in mostra
Gli argenti brillano nelle loro vetrine, i giochi interattivi sono ancora tutti in ordine geometrico sui muri magnetici, l’atmosfera è silenziosa e carica di attesa. I primi visitatori stanno per entrare al Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah per l’inaugurazione della mostra Torah fonte di vita, che espone oggetti cerimoniali e libri dalla collezione del Museo della Comunità ebraica di Ferrara e rimarrà aperta fino al 31 dicembre dell’anno prossimo, permettendo per la prima volta l’apertura permanente del primo stralcio del MEIS ancora in costruzione. La mostra è presentata in collaborazione con la Comunità ebraica di Ferrara, il Comune e la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia Romagna. Prima di addentrarsi tra le stanze della mostra e di indagare il ruolo della Torah nella vita ebraica, i visitatori hanno assistito all’accensione delle candele di Channukkah da parte del rabbino capo della Comunità di Ferrara Luciano Caro e ricevuto i saluti di Massimo Maisto, assessore alla cultura del Comune di Ferrara, e del presidente della Fondazione MEIS Riccardo Calimani. “La costruzione del MEIS è simbolo di rinascita per l’ebraismo italiano, e questa mostra è una tappa molto importante”, ha affermato Calimani. “Sarebbe troppo poco limitarne la funzione all’esposizione di oggetti bellissimi, vogliamo che il Meis diventi un laboratorio di idee che faccia da stimolo allo sviluppo civile e sociale”. Torah fonte di vita offre dunque l’opportunità di mostrare come il MEIS possa e voglia essere un luogo per un pubblico ebraico e non “in cui riflettere sulle proprie differenze ma anche sulle molte inaspettate uguaglianze”, sottolinea la storica dell’arte Sharon Reichel, curatrice della mostra con l’allestimento dell’architetto Monica Bettocchi. A nome dei cittadini, Maisto ha ringraziato il presidente Calimani “per aver offerto questi spazi per la collezione del Museo ebraico, restituendo alla città un parte del suo patrimonio”. La mostra si articola in tre sale. La prima, volta a evidenziare il ruolo della sinagoga e della Comunità, “accoglie il visitatore proprio con gli stessi arredi che aprivano anche il percorso di visita del Museo ebraico”, illustra Reichel. Splendidi argenti, alcuni di essi restaurati grazie alla Direzione Regionale, attendono invece nella seconda stanza, che porta il pubblico dall’intimità delle celebrazioni che si svolgono in famiglia alla grandezza delle cerimonie pubbliche. “Salta all’occhio come ci siano pochi pannelli esplicativi ai muri”, fa notare Reichel. “Il visitatore viene così lasciato libero di farsi guidare semplicemente dagli oggetti e dalle immagini o di approfondire, se vuole, andando alla scoperta di quello che contengono i cassetti”. Aprendoli si viene di volta in volta a contatto con nuove conoscenze, travolti dai profumi dell’avdalah (“anche se il rito dell’avdalah è una cosa profondamente ebraica, i profumi sono di tutti”, evidenzia Bettocchi mentre annusa dell’anice stellato) o dai colori sgargianti di una splendida mappah ferrarese di seta ricamata. Dedicata infine al testo l’ultima sala, attraverso l’esposizione di libri, tra cui un’edizione autografata da Giorgio Bassani, e alcuni giochi interattivi, per coinvolgere i visitatori nell’apprendimento di alcune facce interessanti della scrittura ebraica, come il valore numerico delle lettere e la corrispondenza con i caratteri latini. “Questa è una sala molto leggera, ma che permette di spiegare alcuni aspetti che riteniamo importanti”, indica Reichel, sottolineando come Torah fonte di vita sia ideata per essere visitata in modo attivo e non limitandosi all’osservazione. Un’intera parete – un elemento a cui la curatrice tiene particolarmente – è dedicata inoltre alle domande del pubblico, che può scrivere i suoi dubbi su calamite e la cui risposta potrà poi leggere pubblicata sui social network. Tutto il percorso è inoltre costellato da numerose citazioni, molte dalla Torah naturalmente, ma anche dai Pirkei Avot o dallo Shulchan Aruch per esempio, che arricchiscono di storia la visita e poi “sono belle perché sono dorate”, irrinunciabile tocco di stile di Sharon. Che tornando seria osserva: “Questa mostra mette così in luce il ruolo centrale della Torah per il popolo del libro ma mettendo allo stesso tempo in rilievo che l’ebraismo è una religione viva”.
Francesca Matalon twitter @MatalonF
(19 dicembre 2014)