Le graffette della libertà
Sul nuovo numero (gennaio 2015) del prestigioso magazine IL del Sole 24 Ore, appare un articolo della nostra collega Ada Treves dedicato ai misteri del mondo della cartoleria, in particolare al design delle graffette, che nella Seconda Guerra Mondiale diventarono simbolo di libertà e della lotta all’oppressione nazifascista.
In Norvegia le hanno dedicato una statua alta sette metri. È stata simbolo della resistenza contro il nazismo. Si è fatta detestare da milioni di utenti Microsoft Office. Grazie a lei si possono scassinare serrature o, più innocentemente, tenere in ordine le proprie carte. La graffetta, da umile articolo di cartoleria presente in fondo a ogni cassetto è diventata negli anni oggetto di ammirazione da parte dei designer in tutto il mondo. Nata quando la crescente industrializzazione con la sua burocrazia ha prodotto un esubero di fogli da tenere in ordine, si è trasformata in una sorta di feticcio. Una graffetta è stata esposta nel 2004 al MoMa, per la mostra Humble Masterpieces, e il mito secondo cui si tratterebbe di un oggetto identico a se stesso sin dalla sua invenzione è difficile da sradicare. Sul magazine online americano Slate un articolo sulla storia delle graffette è stato intitolato addirittura The Perfection of the Paper Clip. It was invented in 1899. It hasn’t been improved upon since. (La perfezione della graffetta. Inventata nel 1899. Da allora non è stata migliorata). È falso. Basterebbe andare sul sito dell’Early Office Museum per scoprire che le cose non sono affatto andate così: la collezione comprende una sessantina di design diversi (senza contare le varianti dello stesso brevetto) e aggiunge una spiegazione illuminante: “Non abbiamo incluso le graffette che sono state brevettate dopo il 1902 se non nei casi in cui è stato possibile trovare una prova della loro effettiva produzione. Abbiamo scelto tale data perché nel 1903 sono stati registrati 13 diversi brevetti per una graffetta”. È vero che le più diffuse sono molto simili a quelle che si vedevano nelle pubblicità degli anni Novanta (dell’Ottocento), ma si tratta comunque di evoluzioni della storica Gem, la più nota, inventata dal norvegese Johann Vaaler nel 1899. Almeno, così si tramanda. Falso anche questo. Ma c’è chi è andato a fondo della questione: l’inglese James Ward – noto per aver organizzato con sorprendente successo tre edizioni della Boring Conference – è autore di Adventures in Stationery. A Journey through Your Pencil Case, e alle sole graffette dedica un intero capitolo. Serissimo, documentato, così preciso anche nell’uso del linguaggio da essere esilarante, Ward racconta tra mille altre cose come l’umile, utile, misconosciuta seppur tanto incensata graffetta sia stata indossata dai norvegesi come simbolo della resistenza ai nazisti. “Contro l’occupazione restiamo uniti”, voleva dire, come fogli tenuti insieme da una graffetta.
Ada Treves, IL Magazine – Sole 24 Ore, Gennaio 2015
(21 dicembre 2014)