Storie – Gli arresti del ’34
Qualche giorno fa, a Torino, è stato ricordato un episodio di ottant’anni fa che preannunciava sinistramente quello che sarebbe accaduto in Italia di lì a qualche anno. Siamo a fine marzo del 1934 e alla frontiera con la Svizzera i finanzieri fermano un’auto. A bordo ci sono Sion Segre Amar, studente universitario, e Mario Levi, dirigente della Olivetti. Sono stati a Lugano in missione segreta per Giustizia e Libertà. La guardia di finanza durante la perquisizione trova una copia del settimanale della Concentrazione antifascista, La libertà, alcuni volantini che incitano a votare ‘no’ al plebiscito del 25 marzo e copie dei Quaderni di Giustizia e Libertà. I due vengono arrestati, ma mentre si dirigono verso il commissariato di polizia del confine, Levi sfugge al controllo e si butta nel Tresa, raggiungendo a nuoto l’altra sponda del lago di Lugano. Il suo compagno Segre viene invece condotto alla Questura di Varese, dove è interrogato e picchiato. L’agenzia Stefani invia un comunicato ai quotidiani italiani, in cui si legge: «Ebrei antifascisti al soldo dei fuoriusciti assicurati alla giustizia dall’Ovra». Nei giorni successivi parte una retata. Sono arrestate 14 persone: Leone Ginzburg, Carlo Levi e suo fratello Riccardo, Gino e Giuseppe Levi (fratello e padre di Mario), Barbara Allason, Carlo Mussa Ivaldi, Giovanni Guaita, Giuliana Segre, Marco Segre, Attilio Segre, Cesare Colombo, Leo Levi, Camillo Pasquali. Alcuni di loro saranno condannati al carcere, altri al confino. Buona parte dei militanti di Gl fermati è di origine ebraica e la stampa di regime specula su questo dettaglio, mettendo in evidenza che sono ebrei e presentandoli come antifascisti e come antitaliani. I veleni dell’antisemitismo e della persecuzione sono già nell’aria.
Mario Avagliano