domande…

“… Vide i carri che Yosèf aveva mandato per trasportarlo e lo spirito di Yakòv rivisse…” (Bereshìt 45, 27). I Maestri si domandano per quale motivo Yakòv nel momento in cui i suoi figli gli rivelano che Yosèf è ancora vivo non pone loro alcuna domanda su come si fossero effettivamente svolti i fatti da loro raccontati sulla (presunta) morte di Yosèf. I Maestri vedono nei carri inviati da Yosef un messaggio nascosto a suo padre. Secondo il Midrash l’ultima cosa che Yosèf aveva studiato con suo padre Yakòv, erano le regole concernenti  l’“Eglà ‘Arufà – la vitella scannata” (Devarìm 21, 1).  È questa una vitella che veniva uccisa  per espiare l’omicidio di un uomo trovato morto tra due città. Gli Anziani infatti calcolavano quale fosse la città più vicina, e da questa veniva portata una vitella che veniva uccisa per espiare le colpe dell’avvenuto omicidio. È interessante notare che la Torah non preveda che vengano istituite delle ricerche per individuare l’assassino, ma che il caso si chiuda con questo rito, senza porsi molte domande, lasciando a Dio il giudizio finale sull’omicida. Con questo messaggio Yosèv sembra voler dire a suo padre di chiudere lì tutta la sua storia senza porre domande, perché se avesse indagato ciò che ne sarebbe venuto fuori sarebbe stato molto più doloroso.

David Sciunnach, rabbino

(24 dicembre 2014)