viaggio…

Nel raccontare il viaggio di Ya‘aqòv per raggiungere suo figlio Yosèf in Egitto, la Torah riferisce: <>.
Una prima difficoltà di questo testo è data dall’appellativo “D. di Itzchàq”: perché non viene ricordato qui anche Avrahàm, come è sempre avvenuto finora? Rav Isacco Samuele Reggio osserva: “Ya‘aqòv offrì sacrifici a Be’èr Shéva‘, nella stessa città dove aveva offerto un sacrificio suo padre Itzchàq dopo che D. gli Si era rivelato. Ya‘aqòv fece ciò nella speranza che D. gli rivelasse la Sua volontà (ovvero se poteva o meno scendere in Egitto), visto che a Itzchàq l’uscita dalla terra d’Israele era stata proibita”. Ya‘aqòv era dunque in forse sulla liceità della sua partenza dalla sua terra, benché l’avesse già sperimentata una volta. Anche il responso divino presenta qualche difficoltà: <>. Questa differenza di nome si spiega tenendo conto del significato dell’appellativo Israèl, che come è noto gli è stato dato a seguito della lotta con l’angelo (“perché hai lottato con D. e con gli uomini, e gliel’hai fatta”). Quindi l’appellativo Israèl rappresenta la vittoria, la salvezza del popolo dalle persecuzioni. In questo momento, benché il disegno divino sia quello salvifico, la famiglia di Ya‘aqòv sta ‘scendendo’, andando verso la schiavitù. Ma D. non lo abbandona: “Non temere di scendere in Egitto”. Ma dove mai è indicato che temesse? E quale poteva essere la sua paura? Non certo di ordine politico o economico, perché sapeva di essere appoggiato e protetto dal figlio viceré. Difatti i commentatori affermano che Ya‘aqòv non aveva paura per sé ma per i suoi discendenti che, una volta scesi in Egitto, affascinati dal benessere egiziano, rimanessero lì e non volessero più tornare nella loro terra. Perciò D. risponde: “Io scenderò con te in Egitto ed Io ti farò risalire certamente”; certo, Ya‘aqòv morirà in Egitto, ma Israèl ne risalirà.
Quest’espressione, “Io scenderò con te in Egitto ed Io ti farò risalire certamente”, indica anche che D. è con Israèl sempre, ovunque si trovi. Dissero infatti i nostri Maestri: “Ovunque il popolo ebraico fu esiliato, D. era con loro: quando erano in Egitto D. era con loro, quando erano in Babilonia D. era con loro”. Ciò spiega il miracolo della sopravvivenza del popolo ebraico, che pur vivendo disperso da ben duemila anni, pur essendo stato perseguitato ripetutamente fino ad essere prossimo alla distruzione, sopravvive, perché, come dice la Haggadà di Pésach, “il Santo, Benedetto Egli è, ci salva dalle loro mani”. Dobbiamo quindi essere sicuri che, come già tre volte la salvezza ha portato al ritorno in Eretz Israèl, si realizzerà quanto promesso: “Tornerà a radunarti da tutti i popoli ove ti aveva disperso… e ti porterà il Signore tuo D. alla terra che ereditarono i tuoi padri”.

Elia Richetti, rabbino

(25 dicembre 2014)