Ticketless – La Ditta
Ivrea è una capitale dell’industria italiana, ma anche il luogo dove, più che altrove, s’è sperimentata “la pluralità delle vie” coltivata da Pier Cesare Bori per la storia delle religioni. Plurale, meglio duale è in origine l’esperienza ebraico-valdese sancita dal capostipite, Camillo Olivetti, che all’alba del Novecento fonda un’impresa moderna e innovativa. Da lui, che aveva sposato una donna valdese, discendono per li rami protagonisti di una appassionante forma di laica religiosità, resa fiorente da Adriano Olivetti (i Martinoli, i Levi). In nessun altro luogo d’Italia la tecnologia industriale sembrerebbe andare di pari passo con il dialogo tra fedi diverse. Di questo microcosmo eporediese si conservano però rappresentazioni esageratamente idilliche. Sto leggendo in questi giorni l’autobiografia di uno dei nostri maggiori storici (Massimo L. Salvadori, “Cinque minuti prima delle nove”, Claudiana), molto interessante anche per la curiosa narrazione in terza persona. Il libro rivela le crudezze, le rivalità, che, di sotto all’ecumenismo di facciata, frantumavano le famiglie nella prima metà del secolo scorso. Tra cattolici e protestanti si consumò dentro le mura domestiche di una famiglia in declino, dopo la precoce morte del padre, una vera e propria guerra di religione, descritta da Salvadori con crudo realismo. Si può bene capire come l’autore, dopo quella controversia, abbia maturato una robusta laicità. Ciò che colpisce, in mezzo alla contesa, è la persistente filantropia ebraica ottocentesca. “La ditta”, che aveva dato lavoro al padre, non viene nominata, ma come in un racconto kafkiano, protegge e sostiene il piccolo orfano con occhio paterno, mai paternalistico. Quando il ragazzo s’ammala “la ditta” gli offre la possibilità di riprendersi in un hotel sul lago per la convalescenza. Finiti gli studi superiori (resi possibili grazie alla generosità della “ditta”) all’orfano viene offerto un impiego il giorno stesso in cui si diploma. In altre città d’Italia la filantropia dei figli del ghetto si tramanda per via individuale, con lasciti, fondazioni di scuole professionali, istituti per l’infanzia abbandonata, luoghi di assistenza per indigenti. Ad Ivrea la storia di Salvadori conferma l’idea del fondatore, Camillo Olivetti, l’uomo dalla lunga barba bianca, che nella Milano di fine Ottocento era salito sulle barricate e aveva condiviso gli ideali socialisti. Il Padre è la Ditta. Il sostegno per l’orfano in convitto non cessò nemmeno tra il 1943 e il 1945 quando i titolari della “ditta” erano lontani, in clandestinità.
Alberto Cavaglion
(31 dicembre 2014)