Ticketless – Storie pazzesche
Il matrimonio è una storia pazzesca? Forse. Di sicuro è il rito ebraico più popolare nella storia del cinema. Nella imponente produzione di Woody Allen c’è l’imbarazzo della scelta. La scena del matrimonio è presente quasi in ogni suo film. Anche il cinema nostrano (soprattutto la fiction televisiva), gira e rigira, finisce sempre sotto un baldacchino quando vuole identificare ebraicamente un personaggio.
Nella presente stagione cinematografica il matrimonio ebraico torna prepotentemente sullo schermo in due film: “Viviane”, dove dell’amor coniugale si racconta lo sfascio, il tentativo disperato di sancire la rottura per via giuridica e “Storie pazzesche”, un film a episodi girato da un regista argentino, Damián Szifron, al suo esordio con un’opera paradossale che deve molto al suo maestro (e qui produttore) Almodovar. È di questo film che voglio parlare, non di “Viviane” di cui tanto s’è scritto.
L’episodio conclusivo è dedicato a una sontuosa cerimonia nuziale in un albergo di Buenos Aires. Quindici minuti circa di grande cinema, musica e comicità ebraico-latino-americana si potrebbe dire pensando agli studi di Furio Biagini sul tango, gli anarchici e gli ebrei d’oltreoceano. La famiglia di cui si parla ha origini europee. Con un vistoso accento germanico, al termine della grottesca comica finale, una donna anziana dice sorridendo come se niente fosse accaduto: “È stata una festa meravigliosa”. Per contrasto si pensa, sorridendo, alla permanenza in Argentina di tanti intellettuali ebrei italiani emigrati dopo il 1938, a partire da Benvenuto Terracini. Come si sarebbero divertiti, davanti a una storia così pazzesca, Antonello Gerbi e la stessa Lore Terracini, che della follia di quel Nuovo Mondo (il primo, fra l’altro, fu un ottimo critico cinematografico) sono stati interpreti acuti. Considero la “storia pazzesca” di Szifron la storia ebraica più bella che ho visto al cinema nel 2014 che si chiude.
Alberto Cavaglion