Opporsi al terrorismo

kasamLa tragedia che ha colpito Parigi, e l’Europa tutta nel suo cuore culturale e creativo, può offrire lo spunto, al di là delle doverose parole di orrore e biasimo, a qualche riflessione, e alla speranza che finalmente la Francia si risvegli da cieco torpore che ha costretto migliaia di ebrei francesi a scappare da quella che consideravano la loro patria, atterriti dagli attacchi alle scuole, alle sinagoghe, ai cimiteri, e ai pacifici civili la cui unica colpa era di incrociare sulla propria strada un fanatico.
Un torpore che spesso ha nascosto rigurgiti preoccupanti di antisemitismo, mascherati da antisionismo: la Francia (e il suo governo locale e centrale) parteggiano apertamente in larga parte per i palestinesi e identificano nei ‘cattivi’ israeliani e nel loro Stato ‘abusivo’ la causa principale del terrorismo. Nonostante le denunce delle manipolazioni dei media in favore dei palestinesi (ricordo per esempio il bellissimo film Décryptage di Philippe Bensoussan, mai giunto in Italia, che fu proiettato a Parigi per un breve periodo al cinema Arléquin, dove si entrava alle proiezioni previo controllo con il metal detector, tanta era la paura che risvegliasse rivendicazioni terroristiche) continua a persistere sui media l’immagine dei palestinesi oppressi e degli israeliani imperialisti oppressori, anche quando Hamas lancia razzi sui civili e si fa scudo dei bambini e dei malati.
E la reazione unanime di fronte al terrorismo è quella della deprecazione contro una paventata ‘islamofobia’ che colpirebbe indiscriminatamente i musulmani ‘moderati’ – ma dove sono i moderati musulmani che alzano la voce contro il terrorismo? Si ha l’impressione che ci sia, nella maggioranza della popolazione islamica, una comprensione, quando non addirittura simpatia, per i ‘fratelli che sbagliano’ – esagerano un po’, ma le loro intenzioni sono giuste, così come succedeva nella sinistra italiana nei confronti delle Brigate rosse all’inizio degli anni ’70.
Certo non si può fare di tutt’erba un fascio, ma non sarebbe giusto pretendere un pronunciamento chiaro e inequivocabile contro il terrorismo da parte dei rappresentanti della comunità islamica? E considerare chi non si pronuncia come un simpatizzante? Non sarebbe ora di rinunciare al buonismo globalista che consente a una parte della popolazione residente in Francia di non uniformarsi alle regole e alle leggi francesi? Si è mai visto un ebreo chiedere che dalle scuole e dagli ospedali venga rimosso il crocefisso, o che i francesi ebrei vengano giudicati da un tribunale rabbinico?
Il rispetto delle comunità che ci hanno accolti è sempre stato la base del comportamento ebraico, pur nella salvaguardia della propria tradizione e dei propri valori. E mentre scrittori e intellettuali ebrei e israeliani criticano apertamente le decisioni considerate illiberali del governo di Israele, quale gruppo islamico moderato ha espresso opinioni contrarie ai pronunciamenti di Ahmadinejad, al terrorismo di Hamas o si è indignata per i ragazzi torturati e uccisi nel cuore di Parigi?
Forse ora che l’Islam tocca il cattolicesimo e le popolazioni europee, i media e l’opinione pubblica cominceranno a rendersi conto che è necessaria una strategia per evitare, come declama il Califfato, che Roma finisca per far parte della Umma e l’Europa diventi l’Eurabia paventata da Oriana Fallaci – e recentissimamente descritta con accenti profetici da Houellebecq.
Ma c’è un altro pericolo, altrettanto grave: quello che l’Europa si radicalizzi sempre di più. Che in Francia e nei Paesi dove sono più ampie le comunità musulmane, finiscano per prevalere i partiti razzisti, tipo Front National, Lega e 5Stelle, che hanno forti componenti autieuropeiste, e nei paesi dove più forte è la crisi economica, come la Grecia e la Spagna, prevalgano movimenti antieuropeisti di estrema sinistra. E si finisca così per distruggere quella poca Europa che siamo riusciti a creare, e consegnarla nelle mani di partiti radicali, da una parte o dall’altra.
Sono tutte prospettive preoccupanti per la comunità ebraica. Sia la destra che la sinistra radicale sono fortemente antisemite: la destra per retaggio delle sue radici fasciste e nazionalsocialiste, la sinistra per l’odio verso la finanza (che sarebbe stata inventata e gestita dagli ebrei) e per la simpatia verso le vittime, cioè i palestinesi vessati dall’imperialismo sionista.
Possono fare qualcosa gli ebrei per proteggersi e difendere la democrazia? È un tema sul quale varrebbe la pena di riflettere, perché riguarda il destino di tutti noi e dei nostri figli.

Viviana Kasam

(8 gennaio 2015)