Quando Charlie scherza con gli ebrei
Sarcastico, irriverente, molto spesso sopra le righe. Con plateali provocazioni che hanno riguardato da vicino anche il mondo ebraico. Ma senza nessuno sconto all’odio, al pregiudizio, all’antisemitismo.
Il caso più celebre riguarda Maurice Sinet, firma storica di Charlie Hebdo che i lettori francesi conoscono con lo pseudonimo di Siné. È il 2008 quando lo stesso si lascia andare a gravissime allusioni nei confronti del primogenito di Sarkozy, Jean, che appare intenzionato a convertirsi all’ebraismo. “Degno di figlio di papà, Jean ha annunciato di voler sposare la sua fidanzata, un’ereditiera ebrea. Farà strada nella vita, il piccolo!” scrive Siné. Le sue parole accendono la miccia. La redazione è spaccata tra chi vuole indulgere e chi invece propende per la linea dura. Vincono i secondi e si decide per il licenziamento. Pochi mesi e Siné darà vita a una nuova pubblicazione, Siné Hebdo, scimmiottando nel nome il suo antico amore.
La redazione di Charlie Hebdo si è sempre contraddistinta per una satira corrosiva e feroce reclamando il proprio diritto a mettersi contro ogni istituzione, in particolare con quelle religiose. Tra le copertine più note, ad esempio, quella che ritrae un prete, un imam e un rabbino chiedere a gran voce “Il faut voiler Charlie Hebdo!”, “Bisogna mettere il velo a Charlie Hebdo!”. I tre procedono a passo spedito, i volti sono deturpati dall’ira. È il 2007 e la redazione risponde così a chi vorrebbe chiederne la chiusura o limitarne l’attività. Più recente la parodia del film “Les Intouchables”, arrivato in Italia sotto il titolo di “Quasi amici”: la storia dell’amicizia ‘impossibile’ tra un miliardario paraplegico e il suo assistente, nero e dei quartieri periferici parigini. Ad essere ritratti da Charlie sono un imam, in carrozzella, e un ebreo ortodosso che lo assiste di gran lena. “Non bisogna ridere!”, dicono in coro i due. La vignetta è la reazione all’ondata di proteste levatasi in molti paesi musulmani dopo un’intervista in cui il direttore Stephane Charbonnier (Charb) difendeva il proprio diritto a scherzare su Maometto e l’Islam. Alcune voci ebraiche si erano levate in solidarietà al mondo islamico e Charb aveva voluto prendersene gioco così. Pochi mesi prima un incendio doloso aveva distrutto la sede del settimanale.
Portano la firma del direttore, inoltre, una serie di vignette raccolte sotto il titolo “La Torah illustrata da Charb”. La tavola 68, che si occupa del divieto di tagliarsi i capelli al lato del viso seguito dagli ebrei ortodossi, vede un signore prendere in mano i riccioli di un uomo e apostrofarlo sdegnato con queste parole: “Puoi fare a fette il tuo cervello, ma non puoi rasare questi!”. Erano seguite molte polemiche e non pochi, nella società francese, avevano giudicato la vignetta di pessimo gusto.
Sul tema dell’antisemitismo memorabile resta invece la copertina che ritrae Marine Le Pen in posa per John Galliano, l’ex stilista di Dior di cui sono note le manifestazioni di intolleranza verso la comunità ebraica e che a causa delle stesse ha perso il proprio posto di lavoro alla maison parigina. Una vignetta terribilmente attuale alla luce di quanto potrebbe ora verificarsi sulla scena politica francese.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(8 gennaio 2015)