Terrore a Parigi – Il ruolo dei social network
#JeSuisCharlie, la fiammata di twitter

JeSuisCharlieErano le 12.52 del 7 gennaio, e le notizie sull’attacco terroristico alla redazione del settimanale satirico francese Charlie Hebdo erano ancora molto confuse, quando Joachim Roncin ha pubblicato su twitter l’immagine che nelle ore successive avrebbe fatto il giro del mondo, trasformandosi rapidamente in uno degli hashtag più ripresi di sempre. Usando il font caratteristico del settimanale gratuito da lui diretto, Stylist, ha scritto “Je suis” e vi ha agiunto il logo di Charlie Hebdo, a comporre un messaggio di sole 15 battute – il limite su twitter è 140 – che, come mostra una impressionante visualizzazione grafica ha letteralmente incendiato il mondo del web.
La capacità dei social network di agire da amplificatori di idee semplici ha mostrato tutta la sua potenza nel giro di poche ore: decine di migliaia di persone in tutto il mondo hanno sfilato e ancora stanno manifestando in queste ore mostrando la sua immagine, stampata e riprodotta all’infinito, mentre l’account twitter di Roncin, che aveva circa 500 follower, ne ha ora molte migliaia.
Le più di cinque milioni di condivisioni nel giro di due giorni – non sono ancora disponibili i dati aggiornati – hanno fatto scrivere a molti che si tratta dell’hashtag più diffuso di sempre. Non è vero, in realtà, dato che per esempio #WorldCupFinal, lo scorso giugno, ha superato i 32 milioni di tweet, mentre i fatti di Ferguson sono arrivati a 3 milioni mezzo di tweet. Ma la gravità dell’attentato e l’ondata emotiva che ne è seguita sono tali da amplificare l’effetto di #JeSuisCharlie ben al di là dei numeri. Nel giro di pochissime ore sul solco dell’emozione, della commozione e della rabbia i social hanno cambiato faccia, popolandosi dello slogan grigio su campo nero. La home page del sito stesso di Charlie Hebdo ha adottato l’immagine, mettendone anche a disposizione le traduzioni in varie lingue.
“Ich bin ein Berliner”, la celebre frase pronunciata da John Fitzgerald Kennedy nel 1963 al balcone del municipio di Schöneberg, è presente in maniera talmente radicata nell’inconscio di tutti da venire ripresa, modificata e utilizzata ormai abbastanza frequentemente, ma raramente il successo è stato così planetario. Un successo, però, non privo di polemiche: nonostante Roncin abbia dichiarato subito che “Il logo e lo slogan non mi appartengono, è stato un atto spontaneo e devono restare accessibili a tutti. Se poi qualcuno vuole depositare il nome e guadagnarci su, peggio per lui. Io ho una coscienza” lo sfruttamento commerciale è già iniziato, con, per esempio, numerosi siti che vendono magliette con il logo Je suis Charlie. E, parallelamente, sta fiorendo un commercio di numeri passati del giornale satirico che ha raggiunto cifre da capogiro.
A #JeSuisCharlie nel giro di poche ore si è aggiunto l’hashtag #JeSuisAhmed, per ricordare Ahmed Merabet, il poliziotto di origine algerina giustiziato in strada dai terroristi che hanno decimato la redazione del settimanale Charlie Hebdo. E nel giro di poche ore alcuni commentatori hanno fatto notare come non ci sia stata la stessa reazione in occasione di altri attentati, di altre morti. Non ci sono stati milioni di #JeSuisIlan, per il giovane ebreo rapito, torturato per 26 giorni e poi assassinato nel 2006, in Francia. Non c’è stata una reazione altrettanto globale per la strage di Tolosa, né per l’attentato di Gerusalemme, che ha colpito uomini in preghiera, e chi ha cercato di difenderli.
Venerdì sera, quando è stato chiaro che nel supermercato Hyper Cacher erano stati assassinati quattro ebrei impegnati nelle ultime spese prima del sabato, ha iniziato a circolare sui social l’hashtag #JeSuisJuif. Con effetti paradossali, che hanno portato sia a grandi moti di solidarietà che ad attacchi, insulti e offese soprattutto su Facebook a chi osava mostrare il proprio appoggio.
In molti hanno polemizzato anche su come in questi giorni tutti si dicano Charlie, mentre fino a pochi giorni fa il settimanale sicuramente non era così noto né universalmente apprezzato.

Ada Treves twitter @atrevesmoked

(11 gennaio 2015)