Qui Parigi – Obama, il grande assente
Assente non giustificato. I media internazionali nelle ultime ore hanno fortemente criticato il presidente Barack Obama per non essersi presentato domenica a Parigi per la grande marcia contro il terrorismo. In rappresentanza di Washington non c’era nessun nome di alto profilo e questo ora costerà caro all’immagine di Obama e degli Stati Uniti. “Avremmo dovuto inviare un rappresentante di grado più alto dell’ambasciatore”, il mea culpa del portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest. Ma l’errore resta, e gli analisti si chiedono il perché di questa rumorosa assenza. “Forse il presidente Obama ha istintivamente capito che qualsiasi grande marcia di Parigi sarebbe stata più che altro un’immagine buona per i fotografi che una genuina risposta al terrorismo islamico e alla violenza antisemita” scrive nel suo provocatorio editoriale Jonathan Tobin, tra le più autorevoli firme del magazine americano The Commentary (fondato nel 1945 dall’American Jewish Commitee). “Ma qualsiasi siano le ragioni della decisione di non mandare un rappresentante americano di alto profilo all’evento di Parigi, possiamo capire qualcosa di importante sul presidente e sull’approccio di questa amministrazione alle questioni rilevanti – scrive Tobin in un pezzo significativamente intitolato “Non più il leader del mondo libero” – Scegliendo di stare lontani dalla marcia, gli Stati Uniti non solo hanno espresso il proprio disprezzo pubblico per lo sforzo di rispondere alla crescente ondata di odio, ma il presidente ha anche dimostrato che non capisce che essere il leader del mondo libero di tanto in tanto gli richiede di presentarsi anche quando avrebbe preferito rimanere a casa”. “Il simbolismo di questo boicottaggio – la sferzante accusa di Tobin – ha dimostrato molto chiaramente perché Obama è il primo presidente americano dalla seconda guerra mondiale a disprezzare pubblicamente quel titolo”. “Barack Obama n’est pas Charlie, o per lo meno non lo è stato questo fine settimana”, scrive sull’americano Politico Edward Isaac Dovere. “Mi vergogno dell’assenza dei leader americani a Parigi”, il titolo del duro editoriale di Jake Tapper, capo dei corrispondenti da Washington per la Cnn. “Gli Stati Uniti, che si considerano la più importante nazione del mondo, non erano rappresentati alla marcia – scrive Tapper – se non per l’ambasciatore Jane Hartley, che probabilmente era qualche fila più indietro. Io non l’ho visto. Persino la Russia ha mandato il suo ministro degli Esteri Sergey Lavrov”. “Lo dico come americano, non come giornalista o rappresentante della Cnn, ma come americano: mi sono vergognato”. Chi difende l’assenza di Obama, riflette Tobin sul The Commentary, afferma che la dimostrazione di domenica era “solo” simbolica mentre gli Stati Uniti sono concretamente impegnati nell’aiutare la Francia nella guerra al terrorismo. Ma i simboli, scrive Tobin, sono importanti quanto le azioni politiche. A maggior ragione sul terreno della lotta al terrorismo islamico e in particolare in un momento pubblico così coinvolgente. E qui l’affondo dell’editorialista del The Commentary, “questo è un presidente che ha speso il suo tempo in ufficio, cercando disperatamente di raggiungere il mondo arabo e musulmano perché cambino la loro percezione degli Stati Uniti. Che abbia fallito su questo fronte non è più in discussione, ma il suo disinteresse a partecipare a una risposta simbolica all’estremismo islamico si trova in diretta opposizione con la sua ansia di aperture con l’Iran, leader mondiale nella sponsorizzazione del terrorismo”. La scelta di Obama di rimanere nelle retrovie, di apparire sempre dialogante è oggi sotto accusa. Dopo l’uccisione di Osama Bin Laden, il presidente americano aveva guadagnato punti nella sua credibilità internazionale per poi perderli nuovamente con la gestione della Siria. L’assenza di domenica è un ulteriore passo indietro in un momento in cui l’Occidente, colpito al cuore nella sua libertà di espressione e in cui una minoranza, quella ebraica, si sente sempre più minacciata, ha bisogno di punti di riferimento. Ha bisogno di leader del mondo libero.
d.r.
(13 gennaio 2015)