Ticketless – Je suis Paulette
Più che “Je suis Wolinski”, l’ottantenne disegnatore italo-polacco-tunisino, caduto sotto i colpi dei terroristi a Parigi, preferirei dire “Je suis Paulette”. Chi ha la mia età sa che cosa voglio dire. La Valentina di Crepax era troppo shikse. Quando all’orizzonte apparve la Paulette di Wolinski fu un tripudio per noi, ventenni o giù di lì. Non devo arrossire – sarebbe diventata mia moglie di lì a poco – se ricordo che in onore di Wolinski francesizzai il nome della ragazza che avevo appena conosciuto. Paulette.
Il viso di Wolinski pubblicato sui giornali non era diverso da quello che ricordiamo di aver visto una sera a Milano per una qualche iniziativa promossa da Oreste Del Buono e dalla rivista (“Linus”) che ci fece conoscere il talento di questo artista che aveva capito che la fissazione del sesso è un problema ebraico, non dei peggiori e non di proprietà esclusiva degli psicoanalisti.
Poco importa se Wolinski (e i giornali italiani che ospitavano le sue tavole) non comprese nei Settanta il pericolo dell’integralismo che lo avrebbe ucciso anche se all’orizzonte c’era già Khomeini. Pazienza, certo è che la storia di Paulette non ha nulla a che fare con l’anticlericalismo laicista parigino di cui tanto in questi giorni si discorre. Je suis Paulette.
Alberto Cavaglion
(14 gennaio 2015)