Qui Roma – Cdec, la nuova frontiera della Memoria
Un’occasione di confronto sulle nuove avanguardie e le tecnologie fondamentali per il lavoro nei musei, archivi e biblioteche. È la sfida dell’International Workshop “Linked Open Data & The Jewish Cultural Heritage” organizzato dalla Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea con la società regesta.exe (che sviluppa tecnologie al fine di valorizzare i beni culturali) e l’Istituto di Informatica e Telematica del CNR.
“Grazie alle nuove tecnologie applicate ad archivi e istituzioni culturali che presentiamo oggi alla Camera dei deputati – spiega il direttore del Cdec Michele Sarfatti – le ricerche e gli intrecci di dati che prima avvenivano in diverse settimane saranno possibili con un click: evidente dunque quanto in questo modo il lavoro potrà essere portato molto più in profondità. Mi preme inoltre che, per quanto sia difficile definire in poche parole questo progresso, le persone ne capiscano l’estrema importanza”. Il workshop parte proprio dal progetto portato avanti dal Cdec “Nomi delle vittime della Shoah in Italia” che verrà illustrato nel pomeriggio.
L’evento è stato reso possibile grazie al patrocinio di Camera dei Deputati, Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, W3C Italia, ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Fondazione del Museo della Shoah e Comitato di Coordinamento per le Celebrazioni in Ricordo della Shoah e con il sostegno de Gli amici della Fondazione Cdec.
Aprendo i lavori, Sarfatti porta i saluti del presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini: “Voglio mostrare il mio sincero apprezzamento per il progetto che verrà presentato oggi. Lo scopo di tutti noi è quello di valorizzare il patrimonio storico e culturale ebraico italiano aprendolo al maggior numero di fruitori possibili. Una maggiore conoscenza della Shoah rende un servizio prezioso per la nostra democrazia, soprattutto alla luce dei giorni passati nei quali il non rispetto delle differenze è sfociato in derive insensate e violente”.
“Quello nel quale si sta impegnando il Cdec – continua Sarfatti – è stato accolto dal Corriere della Sera come una vera e propria rivoluzione in formato digitale. Ci stiamo prodigando per sviluppare la conoscenza e poi diffonderla e devo ringraziare la collega del Cdec Laura Brazzo che ha seguito attentamente il progetto”.
“Non potevamo non essere qui e partecipare attivamente – interviene Micaela Procaccia della Direzione Generale degli Archivi MIBACT – lo scopo dell’Archivio di Stato è essere custode della storia e della Memoria”. Il Linked Open Data è la nuova frontiera per raggruppare più conoscenza possibile nel mondo digitale: incrociando informazioni provenienti da diversi database, integra e rende accessibile la conoscenza aspirando ad essere totale. L’appello lanciato alle diverse istituzioni è quindi quello di lavorare insieme al fine di rendere sempre più aperto l’enorme patrimonio esistente.
Liliana Picciotto del Cdec e consigliere UCEI porta i saluti del presidente dell’UCEI Renzo Gattegna: “Rappresento in questo momento, oltre al mio ruolo di storica al Cdec, anche quello dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane che è tra i promotori dell’evento. Il presidente Renzo Gattegna non ha potuto presenziare in quanto appena tornato dal viaggio istituzionale ad Auschwitz ma tiene a sottolineare l’importanza del progetto presentato oggi dal Cdec con l’auspicio di rendere i risultati delle ricerche in ambito ebraico sempre più liberi e condivisibili”. Liliana Picciotto interverrà inoltre alle 17 in una tavola rotonda con Micaela Procaccia, Giovanni Bruno del regesta.exe, Maurizio Vivarelli dell’Università di Torino e Giovanni Maria Flick, presidente onorario della Fondazione Museo della Shoah di Roma. “Linked Data – aggiunge Laura Brazzo del Cdec – ha lo scopo sì di unire le informazioni ma anche di rispettare l’autonomia delle diverse istituzioni che trasmettono il proprio database. Speriamo che il lavoro fatto abbia dei riflessi sul modo di insegnare e fare storia”.
La prima sessione inizia con una infarinatura tecnica sulla nascita del Linked Open Data a cominciare da Oreste Signore di W3C Italia: “Tutto è iniziato con la domanda di un ragazzo nel 1970: Come rendere i computer intuitivi? Quel ragazzo era il grande Tim Berners-Lee. Nel corso degli anni è nata quindi una semantica del web creando connessioni attraverso i link. Nel 2007 è partito il LOD project (Link Open Data project) per rendere sempre più strutturata la connessione tra le diverse conoscenze presenti sul web. Partendo dall’identificazione di un oggetto con un URI, usando il protocollo HTTP e il linguaggio HTML, si è poi scelto un data model di nome RDF che possa essere universale, è poi importante che per ogni di questo oggetto ci siano dei link che portino l’utente ad altri oggetti. A questo punto si arriva però ad una necessità, ovvero quella di avere una ontologia, uno spazio di conoscenza specifico e che metta dei limiti in modo da poter rendere l’informazione veritiera e verificabile. L’ontologia deve poi ovviare al problema del multilinguismo presente sul web. Essa si modella a secondo del mondo di interesse e si confronta e combina con divere ontologie preesistenti”.
Entra poi nello specifico Andrea Marchetti del CNR-IIT: “Il LOD è utilizzabile anche dalle pubbliche amministrazioni, avrete sentito parlare del concetto di Smart City: tutte le informazioni riguardanti una città, dai mezzi di trasporto all’energia, vengono raggruppati in uno spazio comune che permetta un decision making da parte del governo ed integrato anche dai feed back dei cittadini. La forza del web è il suo essere decentrato, proprio questo decentramento permette l’integrazione. Avere una semantica corrisponde ad avere una descrizione che definisca il concetto preso in questione”.
A portare un altro esempio concreto di utilizzo dei LOD anche Marco D’Orta del Dipartimento IT della Camera dei Deputati: “L’idea di base era quella della trasparenza. La Camera del Deputati è stata tra le prime Pubbliche Autorità ad avviare lo sviluppo dei LOD permettendo agli utenti di venire a conoscenza ed avere sotto agli occhi migliaia di documenti prima non accessibili. Abbiamo iniziato con un portale storico aperto in occasione dei 150 anni di Unità d’Italia che poi abbiamo implementato. Per attuare il progetto abbiamo dovuto creare una nostra ontologia e come risultato tangibile adesso sono disponibili più di 20.000 atti parlamentari e più di 25.000 immagini. Quando un nuovo documento diventa fruibile i nostri parlamentari vengono avvisati tramite un tweet. L’auspicio è quello di far diventare il processo di consultazione ancora più friendly. Tramite l’accordo con il Cdec abbiamo poi incrociato i dati su due personaggi illustri: Carlo Finzi, dirigente della Camera dei Deputati ed Elio Morpurgo, sindaco di Udine. Unendo le forze abbiamo quindi ricostruito il loro ruolo nella politica italiana e la loro vicenda in quanto ebrei italiani”.
La seconda sessione viene aperta da Maurizio Vivarelli dell’Università di Torino che collabora anche con il Centro Primo Levi e che sottolinea il compito necessario di ridurre la complessità e di mantenere il legame con il web generalista il cui scopo è rendere “seducente l’accesso ai contenuti informativi”.
Kai Eckert dell’Università di Mannheim illustra il progetto sviluppato con Dov Viner di creare una enciclopedia ebraica (il DM2E project) che ha permesso la digitalizzazione e fruibilità di alcuni manoscritti antichi. Un lavoro reso possibile attraverso le molte risorse messe in gioco per estrarre informazioni e le partnership create con la Biblioteca Nazionale tedesca e quella israeliana. “Già la prossima settimana troverete il nostro portale arricchito ma la continua ricerca di fondi purtroppo è ancora un problema aperto”. Diego Camarda della società regesta.exe (che ha sviluppato il progetto del Cdec) illustra infine il lavoro del W3C, il consorzio che definisce gli standard necessari. Esplica poi il suo desiderio di “evangelizzare più persone possibili sull’enorme risorsa dei LOD e della Link Data Platform che permette di condividere le conoscenze senza la mediazione degli uomini”. “L’idea è quella di condividere le informazioni tra le varie istituzioni ma fare in modo che poi le singole istituzioni si occupino di aggiornare le proprie informazioni ovviando al problema della presenza di dati vecchi o erronei saltando inoltre le intermediazioni delle aziende”.
Dopo la pausa pranzo ad animare la sessione pomeridiana presieduta da Michele Sarfatti, si sono confrontati Dov Weiner della Hebrew University, Yeal Gherman e Adina Molad di Yad Vashem.
Il workshop continuerà con l’intervento di Laura Brazzo del Cdec con Silvia Mazzini di regesta.exe (“L’Ontologia della Shoah) e Chiara Veninata del MIBACT (“Vantaggi e criticità dell’interlinking tra i dati).
Alle 17 sarà poi il turno della tavola rotonda, moderata da Giovanni Maria Flick, presidente onorario della Fondazione Museo della Shoah di Roma, tra Giovanni Bruno di regesta.exe, Liliana Picciotto del Cdec, Micaela Procaccia del MIBACT e Maurizio Vivarelli dell’Università di Torino.
Rachel Silvera twitter @rsilveramoked
(20 gennaio 2015)