J-Ciak – Cannes sotto il segno dei Coen
Gli Oscar si avvicinano e il mondo dei festival scalda i motori. Il Sundance prende il via oggi, con la consueta parata di delizie indipendenti; il Miami Jewish Festival è in pieno svolgimento e la Berlinale dietro l’angolo. Ma oggi parliamo di Cannes che, con abbondante anticipo sull’inaugurazione (il 13 maggio), è appena riuscito a fare parlare molto di sé. La notizia è la nomina dei presidenti di giuria che, per la prima volta, quest’anno sono due nella persona dei due favolosi fratelli Coen.
Con felice ispirazione, Joel e Ethan sono stati scelti per celebrare il lavoro dei fratelli nel cinema che 120 anni fa veniva inventato da altri due fratelli: Louis e August Lumière. “Siamo molto felici di tornare a Cannes – hanno commentato – E’ un festival che fin dal principio della nostra carriera ha avuto per noi un ruolo importante. E presiedere quest’anno la giuria di Cannes è ancor più un onore per noi che non siamo mai stati presidenti di nulla. A questo titolo non mancheremo di rilasciare presto ulteriori dichiarazioni”.
I fratelli Coen sono da sempre fra i beniamini della Croisette dove, a partire dal loro secondo film “Raising Arizona”, hanno presentato ben nove lavori vincendo la Palma d’oro per “Barton Fink – E’ successo a Hollywood” (1991), “Fargo (1996) e “L’uomo che non c’era” (2001). Il loro ultimo film “A proposito di Davis” nel 2013 ha spuntato il Grand Prix.
A proposito del duo Coen – registi, ma anche sceneggiatori, produttori e montatori – gli aggettivi si sono sprecati. Originali e sofisticati, fumosi e inconcludenti: c’è chi li adora e chi proprio non li sopporta. Certo è che le loro storie stralunate, gli assurdi colpi di scena e quei protagonisti così confusi e in crisi con la vita, hanno generato un universo narrativo che si riconosce fin dalle prime inquadrature.
Vederli all’opera con il mondo ebraico in “A Serious Man” (2009) è un vero spasso: se l’avete perso cercatelo, perché riuscirà a strapparvi più di un sorriso. Siamo nel 1967, nel Midwest. Larry Gopnik, tranquillo padre di famiglia e professore di fisica al college si prepara al bar-mitzvah del figlio quando la sua quieta routine viene stravolta da una raffica di crisi in casa e sul lavoro.
Tra improbabili rabbini, adolescenti rissosi, dischi per imparare a intonare la Parashah, strambi maestri d’ebraico, Schoolbus con la scritta Talmud Torah sulla fiancata, litografie di Masada in salotto e signore in carne, “A Serious Man” è un’incursione tra affetto e ironia in una realtà che i due Coen conoscono bene perché è quello in cui sono cresciuti. “Abbiamo avuto un’infanzia abbastanza banale e tranquilla – ha detto Joel in un’intervista – Ci sono voluti trent’anni perché ci venisse voglia di fare un film così. Se è un film personale? Lo è nel senso che abbiamo vissuto in una comunità di questo tipo e che nel 1967 avevamo l’età dei bambini nel film”.
Allora non ci resta che aspettare. Poi forse toccherà ad altri due fratelli filmaker, i due oggi trentenni Joshua e Ben Safdie, cresciuti nella New York ebraica, regalarci un’altra succosa immersione in quel mondo. Come domanda un disperato Larry Gopnik al rabbino, “Siamo ebrei e abbiamo tutta quella tradizione, no? Abbiamo storie che ci aiutano a capire da dove veniamo e dove dobbiamo andare?”.
Daniela Gross
(22 gennaio 2015)