Nugae – Libri
Il Guardian ha pubblicato una lista dei 15 segni per capire di essere ‘dipendente dai libri’.
Non è di certo il primo giornale a farlo, ma la foto di una ragazza che legge seduta sull’erba sotto un ombrello colorato (très british) davanti a libri giganti, tra cui ovviamente un volume di Shakespeare, sembra talmente tanto scattata nel Paese delle Meraviglie che vale la pena di leggere lo stesso e dare una possibilità a un inutile elenco. Dunque, a parte che qualunque ipocondriaco conosce i rischi dell’autodiagnosi su internet, l’inutile elenco oltre a rivelarsi per quello che è, presenta un errore elementare. L’autrice infatti dipinge il lettore accanito come una specie di liceale americano emarginato i cui unici amici, eroi, o maestri di vita sono tra le pagine dei libri, che non avrà altro desiderio all’infuori della lettura di romanzi e si trasforma in un sociopatico ogni volta che deve avere una conversazione su qualcosa di reale.
Quella è ‘dipendenza da lettura’, e a quanto pare è una cosa grave, che per fortuna non si riscontra poi tanto. Parlando di ‘dipendenza da libri’ invece si fa riferimento a qualcosa di molto più comune e molto meno celebrale, legato soprattutto al solito, confortante consumismo. Ovvero, l’abitudine di comprare libri con l’intenzione di leggerli un giorno o l’altro, o forse anche no ma avere una lista d’attesa è sempre un bene, come per i locali esclusivi. E poi ci sono anche molti libri che vengono comprati per il solo gusto di possederli, come oggetti d’arredamento. Fatale fu l’errore una volta di comprare online un libro in formato ebook invece che cartaceo: è stato letto, ma ora serve anche la versione vera da guardare compiaciuta.
Insieme al rifiuto per quelli digitali, altro ostacolo alla fine della deforestazione e all’equilibrio economico personale è anche l’essere restii a prendere i libri in prestito dalla biblioteca con l’idea che in futuro potrebbe sopravvenire il desiderio di riconsultarli. E per lo stesso motivo rimangono accatastati, per ricambio generazionale alcuni in soppalchi e solai, centinaia di volumetti dalla copertina in tutte le gradazioni del fucsia e del rosa, traccia di un’adolescenza probabilmente non del tutto superata. È terribile, perché se qualche università facesse una ricerca scoprirebbe che nemmeno il 3 percento dei volumi viene aperto più di una volta.
Infine, è da segnalare il dispendio di ore nelle librerie, al termine delle quali, sotto effetto di uno dei rari interventi della coscienza, si placa la delusione per il mancato acquisto di un volumone rilegato con quello di almeno una matita con i brillantini. Fino a finire la collezione. Insomma, gli inglesi ci sapranno fare con le foto ma sono troppo intellettuali.
Francesca Matalon
(25 gennaio 2015)