Qui Roma – Le note salvate dall’oblio
Chi si arma di binocolo pronto per non perdere nemmeno un passaggio, chi arriva qualche minuto in ritardo e cerca di impossessarsi degli ultimi posti, chi commenta la vittoria di Tsipras e chi infine indossa eleganti completi da prima.
Sono molte migliaia le persone accorse alla Sala Santa Cecilia del Parco della Musica per assistere al concerto “Tutto ciò che mi resta” in occasione del Giorno della Memoria.
Il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna accoglie in una sala traboccante il presidente del Senato Pietro Grasso nell’esercizio di funzioni di presidente della Repubblica: “È evidente che un concerto intitolato ‘Tutto ciò che mi resta’ non è solo un concerto e infatti questo è un evento eccezionale, legato al Giorno della Memoria. I brani che ascolteremo sono una straordinaria e particolarissima testimonianza della drammatica esperienza delle persecuzioni e dei campi di sterminio. Gli spartiti sono stati creati da compositori coscienti di vivere i loro ultimi giorni, disperati sull’orlo di un abisso che li stava per inghiottire eppure consapevoli di essere, nonostante tutto, privilegiati rispetto ad altri compagni di prigionia, in quanto dotati di un’arma che, pur essendo più potente di quelle di cui si servivano i loro carnefici, non sarebbe bastata a salvargli la vita, ma avrebbe reso perenne il loro ricordo”.
Poi le luci calano e nella grande Sala di Santa Cecilia si levano delle voci che intonano l’antica melodia ebraica l’Hatikvah, in una rara versione in lingua italiana con le parole riportate dalle poche sopavvissute ebree italiane alla Shoah.
A cantare è il Coro Ha-Kol della Comunità ebraica di Roma che introduce “Tutto ciò che mi resta”, il concerto ideato da Viviana Kasam e Marilena Citelli Francese realizzato con il sostegno dell’UCEI che ripercorre in un vortice di voci, violini e pianoforte la musica creata dai deportati dentro i campi di concentramento nazisti, raccolta dall’instancabile maestro Francesco Lotoro, che pazientemente ha affastellato spartiti uno sopra l’altro per dare suono a delle note strozzate.
“Tutto ciò che mi resta” è un mosaico coloratissimo di percorsi diversi la cui successione viene orchestrata dall’attore Marco Baliani: è così dunque che le composizioni di Viktor Ullman morto nelle camere a gas incontrano la vicenda Zikmund Schul che trova la sua fine a Theresienstadt, il sadico campo fantoccio nei quali i nazisti avevano concentrato tutti gli artisti per ingaggiarli in una orribile messa in scena da vendere all’opinione pubblica.
E poi ancora Baliani introduce la violinista Francesca Dego che si lancia in una Sonata per violino solo di Marius Flothius: “La madre di Francesca è ebrea e più di quaranta persone nella sua famiglia morirono per mano dei nazisti”.
Dopo la presentazione il violino di Francesca trema, si impenna, si arresta e riprende mentre il pubblico la segue assorto.
La musica salva. Per questo il concerto è intervallato da video di sopravvissuti: Jack Garfien che dai Carpazi è diventato uno dei più famosi insegnanti di recitazione al mondo e intona commosso la canzone che ascoltandola gli salvò la vita. Alexander Tamir che in Israele ha creato un duo musicale con la moglie. Wally Karveno che nonostante abbia cento anni non sbaglierebbe una nota per nulla al mondo e si mostra in video con un brillante ombretto azzurro.
La cantante Myriam Fuks e il violino di Roby Lakatos rapiscono di nuovo il pubblico creando una fortunata commistione tra temi gitani ed ebraici: mentre tutti tengono il tempo con gli applausi, la tragedia dei rom perseguitati risuona dolente.
La pausa permette agli spettatori qualche riflessione. Tra loro, il giornalista del Messaggero Giulio Mancini racconta a Pagine Ebraiche: “Ho voluto fortemente partecipare al concerto. Ho accompagnato più volte i diversi sindaci di Roma ad Auschwitz e quei viaggi mi sono rimasti nel cuore, così come la terribile vicenda della persecuzione. Ho amato particolarmente l’esecuzione della violinista, che ha ripercorso diversi stati d’animo dei deportati: le note ad un certo punto sembravano mettere in scena la follia poi lo smarrimento”.
“La musica può essere davvero una dimensione nel quale rifugiarsi quando il mondo circostante diventa così oscuro” aggiunge la sua compagna.
Il secondo tempo inizia con la protagonista tanto attesa: Ute Lemper, una Marlene Dietrich rubata al tempo che intona le poesie di Ilse Weber e Selma Meerbaum Eisinger deportate rispettivamente a Michailowska e Theresienstadt e da dove non fecero più ritorno.
Una performance intensa quella della Lemper tanto da farle sciogliere il trucco tra le lacrime e da farle meritare una standing ovation da tutto il pubblico della sala.
Paolo Candido e Angelo de Leonardis con la paglietta sulla testa ripercorrono la vita in musica del duo Johnny & Jones mentre Andrea Satta canta la storia di suo padre, sopravvissuto grazie ad una fisarmonica.
A chiudere infine si levano le giovanissime voci bianche dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia che intonano Bezèt Israel, uno dei salmi più noti letti durante il Seder di Pesach. E dietro di loro scorrono le immagini della liberazione dai campi. Immagini crude, di sopravvissuti pelle e ossa che camminano a stento, che mangiano composti ma con gli occhi che escono fuori dalle orbite. Un video che unito in musica acuisce il dramma che ha ammalato il Novecento.
Tanti i pareri che si confondono all’uscita come quelli della signora Magda Coen che è entusiasta dello spettacolo. Mentre le insegnanti di una scuola campana in visita a Roma esclamano senza alcuna titubanza: “Il concerto è stato molto bello ma quello che ci ha lasciato sconvolte è stato il video finale, un monito per non dimenticare”.
Ed alla fine è arrivato anche un saluto davvero speciale, quello dell’ex presidente della Repubblica e senatore a vita Giorgio Napolitano che in una lettera indirizzata al presidente UCEI ha scritto: “ll particolare momento di faticosa transizione dal mandato di Presidente al nuovo status di Senatore di diritto e a vita, mi rende difficile il partecipare anche da semplice spettatore alle iniziative per il Giorno della Memoria. Lei sa quanto io le abbia coltivate e sostenute in tutti questi anni nella convinzione che l’omaggio alle vittime dell’Olocausto e il rispetto delle radici e delle ragioni costitutive dello Stato d’Israele rappresentino un’essenziale testimonianza della sensibilità civile, culturale e politica dell’Italia e del suo Stato democratico”.
Un messaggio, tra le note, da non dimenticare.
Rachel Silvera twitter rsilveramoked
(27 gennaio 2015)