Setirot – Genocidio

jesurumSiamo dunque al centenario del “Metz Yeghérn” – “Grande Male” in lingua armena – il genocidio messo in atto dai Giovani Turchi nel bel mezzo della Prima Guerra mondiale. Antonia Arslan fa bene a ricordare, nella prefazione a “Pro Armenia. Voci ebraiche sul genocidio armeno” (Giuntina), che il termine genocidio fu coniato dal giurista Raphael Lemkin nel 1944 proprio con riferimento allo sterminio di quel popolo.
Poche, pochissime le voci di denuncia che si sono levate in questi cento anni eccetto, naturalmente, quelle delle vittime, per lo più inascoltate. Tra le rare grida di dolore e di accusa ci sono quelle di Lewis Einstein, André Mandelstam, Aaron Aaronsohn e il succitato Raphael Lemkin che seguirono in prima persona il procedere della tragedia e vissero da vicino quei mesi e quegli anni. Le loro sono, appunto, le “voci ebraiche sul genocidio armeno”.
In questi giorni di Memoria e di Memorie rileggiamo e riflettiamo su quanto scritto nel proprio diario dall’ebreo-americano Henry Morgentau – ambasciatore degli Stati Uniti presso l’Impero Ottomano durante la Prima Guerra mondiale: il genocidio è il prodotto di un regime politico rivoluzionario e totalitario, o funzionante secondo uno schema totalitario, che assume su di sé il compito di rimodellare l’umanità secondo un paradigma ideologico.

Stefano Jesurum, giornalista

(29 gennaio 2015)