Memoria e caos
Il Giorno della Memoria non è il giorno della storia, e nessuno si aspetta che lo sia. È difficile pretendere che gli allievi apprendano davvero qualche nozione storica tra suggestioni varie, film, documentari, pagine di libri, testimonianze, discussioni in classe, mescolati a qualche nozione impartita frettolosamente sulla Seconda guerra mondiale, o magari sulla storia degli ebrei in Europa negli ultimi duemila anni.
Per di più, spesso gli insegnanti, anche quando prendono la giornata seriamente, hanno idee molto diverse tra loro: chi si affida ai film e chi diffida di tutto ciò che è fiction e ammette solo testimoni e documentari, chi vuole concentrarsi sull’Italia e sulle leggi razziali, chi sui giusti, chi sul negazionismo, chi vuole parlare di antisemitismo, chi di intolleranza in generale. Un grande caos che può produrre spunti di riflessione diversi e talvolta addirittura opposti (anche supponendo che si riesca miracolosamente a tenere fuori Israele da tutti i discorsi). Non perché tra gli insegnanti ci siano davvero significative differenze di opinione: gli spunti opposti possono derivare semplicemente dalla scelta (talvolta un po’ casuale) di un film o di un altro, di un testo o di un altro, o magari da domande o riflessioni degli allievi. Io stessa sono andata in direzioni completamente diverse nelle quattro classi a cui ho avuto occasione di parlare tra 26 e 27 gennaio, pur essendo partita in tutte e quattro dal medesimo spunto (la lettura della legge che istituisce il Giorno della Memoria). Tutto sommato, però, non è detto che questo caos sia un male; anzi, forse è la modalità migliore per far comprendere che la riflessione sulla Shoah non può essere né semplice né confortante.
Anna Segre, insegnante
(30 gennaio 2015)