Privacy e diritti religiosi, la svolta del Garante
L’informazione sulla religione di un ricoverato potrà essere raccolta dalle strutture sanitarie soltanto quando il ricoverato richieda di usufruire dell’assistenza religiosa e spirituale durante il ricovero ovvero nei casi “in cui ciò si rilevi indispensabile durante l’esecuzione dei servizi necroscopici e per rispettare specifiche volontà espresse in vita dall’interessato”. Non dovrà quindi avvenire in maniera sistematica e preventiva bensì solo su richiesta dell’interessato e qualora l’interessato sia impossibilitato, di un terzo legittimato, “quale ad esempio un familiare, un parente o un convivente”.
È quanto disposto dal Garante della Privacy in un recente provvedimento rivolto agli operatori del Servizio Sanitario Nazionale. Intitolato “Informazioni sulle convinzioni religiose dei pazienti: i casi in cui possono essere raccolte durante il ricovero”, il provvedimento arriva in risposta ad alcune segnalazioni inviate dalla dottoressa Anna Maria Haberman, medico in pensione con un lungo trascorso all’ospedale Niguarda di Milano.
“Ci sono pervenute alcune segnalazioni nelle quali si lamenta una presunta violazione delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali in relazione alla prassi seguita da molte strutture del Ssn relativa alla somministrazione sistematica ai pazienti, all’atto del ricovero, di un questionario nel quale è richiesto di rispondere ad alcune domande tra le quali figura la seguente: ‘Qual è la sua religione?’. In merito a quanto segnalato – si legge nel documento – l’Ufficio ha provveduto ad avviare un’istruttoria, al fine di comprendere le motivazioni che renderebbero indispensabile per le strutture sanitarie del Ssn acquisire in modo sistematico e preventivo il dato relativo al credo religioso di appartenenza di tutti i pazienti all’atto del loro ricovero”.
In considerazione dei dati acquisiti il Garante dispone quindi alle strutture sanitarie di adeguare la raccolta delle informazioni relative alla religione di appartenenza dell’interessato entro sei mesi dalla data di adozione del provvedimento e dispone che lo stesso sia inviato alle regioni e province autonome affinché provvedano a divulgarlo presso le strutture di competenza.
Soddisfazione è espressa da Giorgio Mortara, presidente dell’Associazione Medica Ebraica e consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, che annuncia di essere pronto ad attivarsi per monitorare l’applicazione della normativa su scala sia regionale che nazionale (l’idea è di partire dalla Lombardia). Per Giorgio Sacerdoti, giurista di fama internazionale e consigliere UCEI, si tratta di un provvedimento che permetterà di evitare abusi e discriminazioni più volte manifestatisi in passato. “La dizione ‘religione cattolica’ viene spesso inserita di default. Questo provvedimento – sottolinea – corregge finalmente il tiro”.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(30 gennaio 2015)