L’ultimo viaggio di Korczak
Un’utopia per il tempo presente

incontro Korczak istituto polacco romaContinuano le occasioni per ricordare la storia e le idee di Janusz Korczak, il pedagogo, scrittore, medico polacco sulla cui figura sono incentrati due libri appena usciti. L’Istituto Polacco di Roma, nell’ambito del ciclo di incontri sulla Memoria che organizza ogni anno intorno alla ricorrenza del 27 gennaio, ha ospitato un incontro intitolato “Janusz Korczak – Una fra le più grandi autorità intellettuali e morali del nostro tempo”. Il primo intervento è stato di Laura Quercioli Mincer, autrice insieme a Luisella Battaglia di “Janusz Korczak. Un’utopia per il tempo presente” che ha presentato al pubblico, accorso numeroso nelle belle sale di Palazzo Blumensthil dove hanno sede l’Istituto Polacco e la sua biblioteca, la figura di Korczak. Pediatra, scrittore, conduttore radiofonico, era un personaggio apprezzatissimo, che però si portava dietro, dentro, il segno profondo di due eventi che lo avevano segnato: la malattia e la morte del padre, avvenuta in manicomio dopo aver contratto la sifilide, e la scoperta violenta del suo ebraismo. Numerose le citazioni dai suoi diari, in cui scrisse: “Il mio nome era Henryk Goldszmit. Nacqui a Varsavia nel 1878. Ho avuto una vita difficile, proprio il genere di vita che desideravo, difficile ma bella, ricca e sublime.” Direttore dell’orfanatrofio del ghetto di Varsavia e uno dei più appassionati sostenitori della dignità e dei diritti del bambino, e del diritto alla cittadinanza di ogni individuo, Korczak nei suoi diari racconta anche la scoperta della sua identità ebraica: “A sei anni. Un giorno, sotto il castagno del mio cortile di casa, riposi in una scatoletta il corpo del mio più caro amico: il mio canarino. Volevo mettere una croce nella sua tomba ma la cameriera mi disse di non farlo perché era un uccello, un essere ben inferiore all’uomo. Il solo piangere, era già un peccato. Ma ciò che mi disse il figlio del portinaio fu ancora più triste: il canarino era ebreo proprio come me. Io ero ebreo lui, invece, polacco e cattolico. Lui sarebbe stato un giorno in paradiso, quanto a me, solo se non avessi pronunciato parolacce e se gli avessi portato dello zucchero filato a casa, sarei potuto entrare dopo la morte in un luogo oscuro: il nero paradiso degli ebrei. Avevo paura del buio. Avevo scoperto solo allora di essere ebreo.” Eventi che sicuramente hanno influito sulle sue scelte successive, che lo hanno portato a lasciare tutto quello che avrebbe potuto avere per dedicarsi interamente ai bambini, e alla sua convinzione che “l’infanzia è una classe sociale fra le le più oppresse”. E dopo le immagini e le parole di Laura Mincer, docente di Letteratura polacca all’Università degli Studi di Genova è stato Goffredo Fofi a ricordare che “non sempre la pedagogia è un esempio del bene: esiste anche, per citare un solo caso, una pedagogia nazista. Ma Korczak sapeva bene che educare significa ‘tirare fuori’ e la sua grandezza è stata il riconoscere che il male esiste, e saperlo affrontare”. Fausta Orecchio nel 2001 ha fondato Orecchio acerbo, la casa editrice che ha appena pubblicato “L’ultimo viaggio. Il dottor Korczak e i suoi bambini ”, il libro per ragazzi che racconta la storia di Pan Doctor, come i ragazzi chiamavano il loro dottore, narrata con passione, cura, e con la delicatezza adatta ai giovani lettori grazie alle parole di Irène Cohen-Janca e alle illustrazioni di Maurizio Quarello. Ha sottolineato come si debba ricordare anche che Korkzac ritenesse fondamentale il diritto dei bambini alla morte, alla consapevolezza del dolore, che traspaiono nelle pagine del libro appena pubblicato con delicatezza e un equilibrio mirabile. (Irène Cohen-Janca e Maurizio Quarello avevano già firmato insieme, sempre per Orecchio Acerbo, “L’albero di Anne”, la meravigliosa storia dell’ippocastano di Anne Frank). PE korczak romaIl focus sulle radici ebraiche dei principi pedagogici portati avanti da Korczak è stato presentato da Ilana Bahbout, coordinatrice del Dipartimento Educazione e Cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, che ha ricordato il lavoro preciso, attento e approfondito che viene portato avanti quotidianamente nelle scuole ebraiche italiane. E l’interesse per l’ebraismo era forte nel pubblico, che in attesa dell’inizio della tavola rotonda ha potuto sfogliare l’ultimo numero di Pagine Ebraiche che, così come DafDaf, ha scelto questo mese di dedicare spazio al pedagogo polacco. Attualissimo e moderno era il pensiero di Korkzac, che aveva saputo accogliere l’idea di vulnerabilità nella sua pedagogia, al punto da scegliere con cura quella che con tutta probabilità sapeva sarebbe stata l’ultima rappresentazione dei suoi bambini. Luisella Battaglia, ultima a ricordare il grande pedagogo, ha spiegato come ottimismo e speranza siano due concetti profondamente differenti, legati uno al presente e l’altro a un futuro ancora da realizzare. Gli insegnamenti etici si integrano così con il senso di utopia e la grande lucidità, sensibilità e profondità di Korczak, che dinanzi alla domanda: “Perché hai fatto recitare ai bambini un testo così triste?”, senza esitare rispose: “Perché i bambini imparino a morire serenamente”.

Ada Treves twitter @atrevesmoked

(3 febbraio 2015)