Mattarella ricorda Stefano Taché: “Un bambino italiano”

rassegna “Il nostro Paese ha pagato più volte il prezzo dell’intolleranza. Voglio ricordare un solo nome: Stefano Taché, rimasto ucciso nel vile attacco terroristico alla Sinagoga di Roma nell’ottobre del 1982. Aveva solo due anni. Era un nostro bambino, un bambino italiano”. Il ricordo del piccolo Stefano è stato uno dei passaggi chiave del discorso di insediamento del nuovo presidente della Repubblica Sergio Matarella. Un richiamo che ha commosso l’ebraismo italiano, in primo luogo la famiglia. “Adesso il nostro dolore è di tutti”, ha dichiarato il fratello Gadiel, sopravvissuto all’attentato dell’82 (La Stampa), che ha sottolineato in diverse interviste (Repubblica e Messaggero) come le parole del presidente Mattarella abbiano ricordato al “Paese che il mio piccolo Stefano era figlio di tutta Italia e non solo della Comunità ebraica”. E in un colloquio al Quirinale con il capo dello Stato, il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna – presente alla cerimonia di insediamento – ha voluto esprimere personalmente la gratitudine degli ebrei italiani al presidente Mattarella per aver ricordato Stefano e per le parole contro l”odio e il terrorismo pronunciate durante la visita alle Fosse Ardeatine (Avvenire). Commosso anche il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, che auspica la conclusione dell’iter burocratico per far rientrare il nome di Stefano Gaj Taché nella lista del vittime del terrorismo (Avvenire).

L’attentato alla sinagoga, ferita italiana. Sono passati oltre trent’anni dall’attentato compiuto da terroristi palestinesi al Tempio Maggiore di Roma, e le parole del presidente Mattarella segnano, nella riflessione di diversi commentatori italiani, un passaggio importante per la memoria di questo paese. Sul Corriere della Sera, Pierluigi Battista ricorda come allora – in un clima di tensione contro Israele e di minaccia contro la comunità ebraica – “le autorità italiane lasciarono soli gli ebrei”. “Oggi quella ferita non può venir sanata, ma nelle parole di Mattarella – continua Battista – riecheggia la volontà di non lasciar mai più soli gli ebrei italiani. Era ora”. “Israele siamo noi”, è invece la riflessione del direttore del Foglio Claudio Cerasa che sottolinea come le parole di Mattarella siano un invito a una lotta comune contro il terrorismo. “Perché se quel bambino ebreo morto siamo noi, – spiega Cerasa – è il ragionamento successivo, noi non solo siamo fortemente atlantisti ma siamo un po’ come Israele, dobbiamo imparare a vivere sapendo che il terrore esiste, che non è un cartone animato, e che il terrore bisogna prevenirlo e anche affrontarlo”.

Nizza, l’attacco al Centro ebraico. Ieri a Nizza sono stati feriti due soldati all’ingresso del palazzo che ospita il concistoro ebraico francese e Radio Chalom. Un uomo armato di coltello – Moussa Coulibaly, omonimo dell’attentatore di Parigi – ha aggredito i militari di guardia all’edificio, riuscendo a ferirne due e vendo poi immobilizzato. Secondo il presidente del concistoro ebraico di Francia, Joël Mergui, “è evidente che gli ultimi attentati non sono serviti di lezione e ancora meno di avvertimento agli estremisti, che continuano a prendersela con la comunità ebraica” (Corriere della Sera).

A libro paga dell’Olp. Si è dimesso William Shabas, presidente della Commissione Onu che indaga sulle presunte violazioni di Israele nel corso dell’ultimo conflitto a Gaza. Le dimissioni sono da ricondurre alla scoperta, grazie a un’inchiesta del Jerusalem Post, che lo stesso Shabas era stato in passato consulente dell’autorità palestinese. «Nominare Schabas a capo dell’inchiesta Onu è stato come chiedere a Caino di scoprire chi ha ucciso Abele”, ha dichiarato il primo ministro di Israele Benjamin Netanyahu (Repubblica e Libero).

L’orrore dell’Isis. Ancora una volta i sanguinari miliziani dell’Isis danno prova della loro crudeltà, diffondendo il video in cui si vede il pilota giordano – catturato dal movimento jihadista lo scorso 24 dicembre – bruciare vivo in una gabbia. “Giustizieremo i terroristi che abbiamo catturato”, la risposta di Amman mentre anche il presidente Usa Obama promette vendetta (Corriere della Sera).

Argentina, arrestare il presidente. Il procuratore Alberto Nisman – trovato morto nel suo appartamento poche settimane fa in circostanze ancora da chiarire – aveva redatto una bozza preliminare per chiedere l’arresto per la presidente Cristina Kirchner. “Il pm – scrive la Stampa – temeva che gli indagati «esercitassero il loro potere per inquinare le prove» del patto segreto con l’Iran, che era convinto avessero stipulato, offrendo di scagionare quei cinque funzionari di Teheran che l’Argentina ritiene responsabili dell’attentato all’associazione ebraica Amia di Buenos Aires (1994, 85 morti), per avere in cambio forti vantaggi commerciali”.

Daniel Reichel

(4 febbraio 2015)