Periscopio – Battere l’odio
L’elezione del nuovo Capo dello Stato, nella persona di Sergio Mattarella, non può non suscitare vivo compiacimento, per le indiscusse doti di serietà, autorevolezza e rigore morale della persona, che saprà certamente svolgere al meglio il suo incarico al servizio della nazione. Nelle quasi unanimi manifestazioni di elogio e apprezzamento per la scelta effettuata, sembra di cogliere, soprattutto, un diffuso desiderio di preservare l’autorità e il prestigio delle istituzioni democratiche, sottraendole ai giochetti e alle tensioni della bassa politica e, soprattutto, agli insulti e agli sfregi degli sfasciacarrozze di professione (che paiono, per fortuna, in disonorevole ritirata). Un Presidente che viene dalla politica, certamente, ma soprattutto un uomo delle istituzioni, che saprà distinguere lo spazio dell’una e delle altre, facendo sì che ogni cittadino che lo desideri possa effettivamente sentirsi partecipe di una casa comune.
Per una singolare, felice coincidenza, l’elezione è avvenuta alla fine della settimana dedicata alle celebrazioni del Giorno della Memoria, e tale coincidenza è stata evidenziata dalla scelta del neo Presidente di compiere, come suo primo gesto, una visita al sacrario delle Fosse Ardeatine. Un gesto altamente significativo, del quale non si può non essere grati al Presidente, e che mette in risalto lo stretto legame genetico sussistente tra la Costituzione repubblicana e la lotta alla barbarie e alla tirannia. Un legame logicamente ignorato e vilipeso da tutti coloro che, disprezzando lo stato e la democrazia, non possono non disprezzare il valore della memoria, che ad essi fa da base e fondamento.
Le parole pronunciate, durante tale visita, dal Presidente (“L’alleanza tra nazioni e popolo seppe battere l’odio nazista, razzista, antisemita e totalitario di cui questo luogo è simbolo doloroso. La stessa unità in Europa e nel mondo saprà battere chi vuole trascinarci in una nuova stagione di terrore”), poi, appaiono particolarmente importanti, dal momento che invitano tutti a ricordare due cose fondamentali: che ancora oggi, in luoghi a noi molto vicini, nonché nei nostri stessi confini, sono al lavoro potenti forze malefiche, che, in nome dell’odio razziale e del fanatismo religioso, si prefiggono l’obiettivo di demolire ogni forma di civile convivenza, di dialogo e di confronto culturale e religioso. E che, contro tali forze, è necessario, come fu necessario il secolo scorso, combattere, anche affrontando i rischi e i costi che ciò comporta.
Quanto mai toccanti, poi, le parole dedicate dal Capo dello Stato, nel suo discorso di insediamento, alla memoria di Stefano Taché, il “bambino italiano” stroncato dalla ferocia del terrorismo palestinese, che, ricordiamo, in quel terribile 1982 ebbe la strada spianata da un forsennata campagna di odio antisemita, che coinvolse larghissima parte del nostro Paese, fino alle più alte istituzioni. Gli ebrei, in quell’occasione, furono lasciati soli di fronte ai loro nemici, e le parole del Presidente contribuiscono a ricucire, per quanto ciò sia possibile, una ferita dolorosa, che ancora sanguina. Non possiamo non manifestargli, anche per questo, la nostra profonda gratitudine.
Il fratello di Stefano, nell’esprimere il suo ringraziamento al Presidente, ha sottolineato come quelle parole assumano un significato particolare, in quanto provenienti da un uomo che ha sofferto anch’egli la perdita di un fratello, falciato da mani assassine. Non c’è modo migliore, per onorare le vittime delle violenza di ieri, che impegnarsi nella lotta contro la violenza di oggi: una lotta che – alla luce delle ultime, raccapriccianti immagini provenienti dalle terre dell’ISIS – appare un imperativo morale, che ci viene ricordato con fermezza dalle nobili parole del Presidente Mattarella.
Francesco Lucrezi, storico
(4 febbraio 2015)