Sir Martin Gilbert (1936 – 2015)
Sono bastate poche parole allo storico, saggista, conduttore televisivo e storico dell’arte Simon Schama per chiarire chi era Sir Martin Gilbert: “Un grande storico, che scriveva con il cuore quanto con il cervello. Era un buon ebreo, oltre che uno storico eccelso e incredibilmente prolifico. Scriveva solo di argomenti che gli stavano a cuore, e lo mostrava in ogni pagina.”
Di Sir Gilbert – nominato Commander of the Order of the British Empire nel 1990 e cavaliere nel 1995 “per i servigi resi alla storia britannica e alle relazioni internazionali” – noto come biografo ufficiale di Churchill, si racconta che scrivesse libri “come noialtri potremmo scrivere la lista della spesa”. Autore di più di ottanta libri, di cui molti ad argomento ebraico, tradotti in sedici lingue (compreso l’italiano), Gilbert per il mondo ebraico era soprattutto un appassionato sionista, oltre che un grande storico della Shoah. Di Israele aveva avuto occasione di dire: “È il paese dove ho vissuto, insegnato, giocato, visto crescere i miei figli, e ne ho una enorme stima anche con tutti i suoi difetti, che io ritengo di gran lunga superati dalle sue virtù”. Daniel Taub, ambasciatore di Israele nel Regno Unito ha ricordato, prima del suo discorso al funerale, che “Se la storia ebraica moderna ha una voce, si tratta di quella di Sir Martin Gilbert” e rav Ephraim Mirvis, rabbino capo britannico, ha aggiunto che “L’ebraismo britannico è estremamente fiero dei risultati ottenuti da quello che è stato davvero un grande storico, la sua perdita è grave per tutti noi”.
Amava raccontare la storia da una prospettiva umana sostenendo che “Non bisogna mai dimenticare il ruolo dell’uomo comune” e – come ha ricordato Elie Wiesel – “Raccontava la storia dal principio sino alla fine” per aggiungere “I suoi libri devono essere letti e riletti”.
Jonathan Boyd, direttore dell’Institute for Jewish Policy Research (JPR) – think-thank indipendente basato a Londra che indaga temi strettamente connessi alla comunità ebraica britannica e dei diversi paesi europei – lo ricorda con particolare calore: “È stato il mio tutor all’università, e ho spento infinite ore imparando da lui, nel suo studio a Hampstead, seduto fra pile di carte e di documenti storici, colpito ogni volta dalla quantità di libri suoi che stavano sugli scaffali. Era uno straordinario storico, cronista e geografo: quando viaggiavamo insieme per l’Europa in treno, spesso guardava fuori dalla finestra, e indicando questo o quel bosco era in grado di raccontare nel dettaglio quali attività partigiane vi si fossero svolte in quello specifico posto, in date che ricordava con precisione. Era sempre in grado di scoprire i piccoli dettagli della storia, quelle storie personali che riuscivano a rendere elementi di realtà storica in maniera profonda e potente. E soprattutto era un mensch, e faceva l’impossibile per sostenere i suoi studenti.”
La storica americana della Shoah Deborah Lipstadt ha ricordato come Gilbert abbia avuto sempre una maniera unica di andare a fondo, scavando dettagli, fatti, dati, per tesserli in un insieme coerente, accessibile e interessante sia per gli storici che per il lettore medio, che resta invariabilmente affascinato dal suo stile. “È una grande perdita – ha aggiunto – Sir Martin era un buon amico. Ha portato un numero incalcolabile di persone ad amare e appassionarsi ai fatti storici. E amava il popolo ebraico, Israele e la storia di entrambi. Si spostava senza sforzo e gioiosamente fra Buckingham Palace, la Casa Bianca, il suo caffè preferito e la sua sinagoga. Mi mancherà molto. Mancherà molto a tutti.”
Raccontando di una sua visita alla tomba di Mandell Creighton, uno storico britannico del XIX secolo, Gilbert aveva spiegato che è sempre utile visitare le tombe degli storici: “Ti porta a renderti conto che hanno dei limiti, così come i loro argomenti. E sulla tomba c’era una iscrizione molto bella che diceva ‘He tried to write true history’ (Ha cercato di raccontare la vera storia). Ci penso spesso”.
Ada Treves twitter @atrevesmoked
(5 febbraio 2015)