“Ddl sul negazionismo atto di contrasto al razzismo, alla xenofobia e all’antisemitismo”
Di seguito l’intervento tenuto nell’aula del Senato dall’onorevole Silvana Amati (PD), prima firmataria del disegno di legge di modifica dell’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, in materia di contrasto e repressione dei crimini di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale approvato oggi a larghissima maggioranza.
Ogni anno il Giorno della Memoria ci impone di rivalutare pienamente la nostra capacità di saper pensare e agire di conseguenza.
È un fatto che le comunità ebraiche continuino ad essere un bersaglio in Europa e nel mondo.
Pensiamo al recente attacco e ai morti del supermercato Kosher a Parigi, alla coppia di ebrei uccisa lo scorso maggio all’entrata del Museo ebraico di Bruxelles, ai bambini della scuola ebraica di Tolosa, uccisi nel 2012.
Purtroppo i germi dell’antisemitismo e del razzismo sono ancora qui, potenzialmente fertili, e scuotono le fondamenta politiche e giuridiche del patto sorto dopo la Seconda Guerra Mondiale: il rifiuto incondizionato degli orrori nazisti.
Quando il Supremo Comandante delle Forze Alleate Eisenhower incontrò le vittime dei campi di concentramento, ordinò che fossero fatte foto, che gli abitanti delle città vicine ai campi vi fossero accompagnati e che seppellissero i morti. Voleva che rimanessero documenti, che si registrassero le testimonianze, perché un giorno qualcuno avrebbe potuto sostenere che quegli orrori non fossero mai avvenuti.
L’Italia, con la legge n. 211 del 2000, ha istituito il Giorno della Memoria nella data della liberazione di Auschwitz: “al fine di ricordare la Shoah, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati (…) affinché simili eventi non possano mai più accadere”.
Nonostante sembri inconcepibile, il negazionismo continua ad essere un fenomeno diffuso, tanto da portare la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a chiarire, in una sentenza del 2003, che: “L’obiettivo dei negazionisti è un conclamato obiettivo razzista, xenofobo e antisemita, ovvero riabilitare il regime nazionalsocialista e, per conseguenza, accusare di falsificazione della storia le stesse vittime. La contestazione di questo crimine contro l’umanità è una delle forme più sottili di diffamazione razziale e xenofoba e di incitazione all’odio”. Per la Corte, il negazionismo è un abuso di diritto, che non può essere protetto dal diritto alla libertà d’espressione o di ricerca.
Ricordo che la dignità della persona non è solo un diritto fondamentale, ma è la base stessa di ogni diritto fondamentale. Nessun diritto fondamentale può essere invocato per fini contrari alla lettera e allo spirito della Costituzione e della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, dato che tali fini contribuirebbero alla distruzione dei diritti e delle libertà garantiti.
Nel 2005 (Risoluzione 60/07) le Nazioni Unite hanno istituito la Giornata Internazionale della Memoria.
Due anni dopo, con la Risoluzione (61/255) sulla Negazione dell’Olocausto, l’ONU ha condannato senza riserve il negazionismo, sollecitando tutti gli Stati membri a respingere qualsiasi negazione, parziale o totale, della Shoah come fatto storico e qualsiasi attività con questo fine.
L’Unione Europea poi è intervenuta nel 2008, con la Decisione Quadro sul Contrasto a talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia attraverso il ricorso agli strumenti del diritto penale. Si tratta di un atto vincolante, in base al quale gli Stati membri hanno l’obbligo di punire l’apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra come definiti agli artt. 6, 7 e 8 dello Statuto della Corte penale internazionale, nonché dei crimini definiti dall’articolo 6 dello Statuto del Tribunale di Norimberga. Obbligo recepito proprio in questi termini dal Ddl che stiamo discutendo.
Paesi come Francia, Germania, Polonia, Austria, Svizzera, Belgio, Paesi Bassi, già dispongono di norme che identificano il negazionismo come un reato e non possiamo certo dire che questi siano Paesi dove non esiste libertà d’opinione.
Crescono, intanto, preoccupanti organizzazioni neo naziste come Alba Dorata in Grecia e nuove forme di estremismo in Ungheria. Proliferano su internet inaccettabili siti antisemiti e xenofobi, dove si è perfino brindato alla morte di Shlomo Venezia, testimone diretto dello sterminio ad Auschwitz.
Nel suo libro Sonderkommando Auschwitz, Shlomo dice “Tutto mi riporta al campo. Qualunque cosa faccia, qualunque cosa veda, il mio spirito torna sempre nello stesso posto… Non si esce mai, per davvero, dal Crematorio”. Il Sonderkommando era una squadra speciale selezionata tra i deportati, con l’incarico di far funzionare la spietata e metodica macchina di sterminio nazista.
La moglie di Shlomo, mi ha raccontato che suo marito aveva mantenuto anche con lei il riserbo sull’orrore subito, finché il riaffiorare di quei simboli, di quelle parole d’ordine, di quelle idee che avevano generato il mostro dello sterminio nazista fece sì che, nel 1992, decise, come altri sopravissuti, che la sua testimonianza poteva essere forte antidoto a ogni follia negazionista.
Vorrei dare un contributo a questo dibattito anche leggendo un breve brano del suo libro, per brevità lascerò agli atti questa testimonianza.
“Dopo che il gas era stato versato, passano dieci o dodici minuti e non si sentiva più un rumore, più anima viva. (…) Io avevo il compito di tagliare i capelli alle donne. (…) Servivano soprattutto le trecce, facili da tagliare e da trasportare. (…) Dopo il taglio dei capelli e l’estrazione dei denti d’oro, due persone venivano a prendere i corpi per metterli sul montacarichi che li portava al piano terra dell’edificio, verso i forni crematori. (…) I corpi erano tirati fuori e deposti davanti ai forni, due a due. Davanti a ogni muffola tre uomini si occupavano di infornare i cadaveri. I corpi erano deposti su una specie di barella, uno per la testa e uno per i piedi. Due uomini, ai lati della barella, la sollevavano con l’aiuto di un lungo pezzo di legno inserito dal di sotto. Il terzo uomo, di fronte al forno, impugnava i manici e infornava la barella. Doveva fare scivolare i corpi e riprenderla velocemente, prima che il ferro si scaldasse troppo. Gli uomini del Sonderkommando avevano preso l’abitudine di versare dell’acqua sulla barella prima di disporvi i corpi, per evitare che si incollassero al ferro incandescente, altrimenti il lavoro diventava ancora più difficile: bisognava staccare i corpi con una forca e dei pezzi di pelle rimanevano attaccati”.
Certo non possiamo consentire che qualcuno possa negare o banalizzare testimonianze come quella di Shlomo.
Come ha detto anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel suo discorso d’insediamento: “Il nostro Paese ha pagato, più volte, in un passato non troppo lontano, il prezzo dell’odio e dell’intolleranza.”
Voglio ricordare infine due interventi del presidente dell’UCEI Renzo Gattegna. Il primo, il 16 ottobre 2013, in occasione del 70° Anniversario del rastrellamento del ghetto di Roma, quando ha affermato che: “Nonostante tutto esistono ancora in Europa e nel mondo nuovi nazisti e nuovi fascisti, che orgogliosamente rivendicano l’eredità morale di quei crimini. I nazisti furono assassini di esseri umani, i loro seguaci di oggi sono assassini della memoria”. Il secondo intervento quando, pochi giorni fa, nel corso della Commemorazione alla Camera del 70esimo anniversario dalla liberazione di Auschwitz, ha espressamente dichiarato di condividere il testo ora in discussione in quest’Aula.
Mi auguro, dunque, che oggi finalmente si riesca ad approvare questa norma, un passo di riparazione del Parlamento italiano che votò nel 1938 le Leggi razziali.
Un atto di contrasto concreto ai fenomeni di razzismo, xenofobia e antisemitismo che provano a riaffacciarsi in Italia e in Europa.
Un adeguamento, anche se con oltre 4 anni di ritardo, alla Decisione Quadro dell’Unione Europea, “affinché simili eventi non possano mai più accadere”.
Silvana Amati