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In queste giornate decisive, che potrebbero anche ridisegnare, in un futuro non troppo remoto, la geopolitica europea, ha attirato la mia attenzione il decreto legge del ministro dell’Interno Alfano, che fa seguito agli attentati parigini.
La legge estenderebbe il carcere per coloro che si recano all’estero a combattere. È chiarissimo che il provvedimento è rivolto ai combattenti in Iraq e Siria, ma, si insegna da sempre, quando si fa una legge bisogna essere coscienti delle conseguenze. Non è un fenomeno che ha coinvolto l’Italia (anche se c’è stato qualche caso nostrano), ma, quest’estate, durante la guerra di Gaza, molti ragazzi ebrei da varie parti del mondo sono andati in Israele per arruolarsi nelle file dello Stato ebraico: sarebbero a rischio carcere anche loro? Dal ’48 in avanti, molti hanno sentito il dovere di combattere per Israele e tornare nelle rispettive patrie; anche loro rappresentavano una minaccia? Allora, dico io, o si parla esplicitamente di leggi speciali (non sarebbe la prima volta) verso i cittadini musulmani, sullo stile di quelle nei confronti della popolazione di origine nipponica negli USA ‘41-’45, o si rischia di fare di tutta l’erba un fascio, minacciando il già permeabile confine fra islamofobia e antisemitismo. Il pericolo si manifesta da più parti.
Davide Assael, ricercatore
(11 febbraio 2015)