…Bibi

Sull’ormai logora questione se Netanyahu verrà ricordato dagli storici con un capitolo, una pagina o una nota a margine, una cosa è ormai certa: Bibi è il premier israeliano che passerà alla storia per aver più di ogni altro danneggiato la relazione strategica fra gli Stati Uniti e Israele.
Il problema non è tanto la sua accettazione dell’invito a parlare al Congresso il 3 marzo, due settimane prima delle elezioni in Israele in quello che appare come un plateale espediente di campagna elettorale.
Il vero danno deriva dal cocciuto attivismo del premier a favore del partito repubblicano che oggi controlla entrambe le camere statunitensi, e contro il partito democratico.
Convintissimo fin dal 2008 – così come una parte dei suoi consiglieri strategici – che Obama non sarebbe mai stato rieletto, alle elezioni presidenziali del 2012 Netanyahu si è schierato apertamente con Romney finendo così per condividere la cocente sconfitta di quest’ultimo.
Alle elezioni intermedie del 2014 la scena si è ripetuta con Netanyahu schierato a favore di candidati repubblicani al Senato e al Congresso sostenuti dall’ultraconservatore Sheldon Adelson – il magnate americano dei casinò a Las Vegas e a Macao che pubblica e distribuisce gratuitamente in Israele il quotidiano pro-Bibi Israel Hayom.
Tutto ciò rende Obama furibondo nei confronti del primo ministro israeliano. La questione iraniana sulla quale Netanyahu vuole parlare di fronte al Congresso americano è indubbiamente scottante, ma i preannunciati buchi nell’emiciclo in Campidoglio dimostrano mancanza di tempismo e di finezza strategica da parte dell’oratore. Il quale va a Washington senza un chiaro mandato popolare perché la Knesset è sciolta in vista delle nuove elezioni e il governo in carica per l’ordinaria amministrazione dopo il licenziamento dell’opposizione interna non dispone comunque della maggioranza dei voti in Parlamento.
La recita di Bibi, che ora oltre che primo ministro è anche a interim ministro del tesoro, della pubblica istruzione e della sanità, è sempre più quella di un attore solitario che vede nemici dovunque, divide il popolo d’Israele invece di unirlo, e crea gravi danni con un’amministrazione americana che è ancora in carica per i prossimi due anni.

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme

(12 febbraio 2015)