J-Ciak – Chi marcia a Selma?
Tra un mese a Selma arriverà anche il presidente Obama per celebrare i cinquant’anni della marcia per i diritti civili guidata da Martin Luther King, che partì da questa cittadina dell’Alabama e scatenò una violenta repressione destinata a sconvolgere l’America.
Intanto “Selma”, il film diretto da Ava DuVernay che oggi arriva in Italia, ha già fatto molto parlare di sé. Per motivi squisitamente cinematografici (la mancata nomination all’Oscar sia della regista, che poteva essere la prima afroamericana candidata al premio, sia di David Oyelowo come migliore attore protagonista). Ma non solo. “Selma”, comunque aggiudicatosi due candidature come miglior film e miglior colonna sonora, ha fatto discutere in modo particolare il mondo ebraico americano.
E il dibattito è entrato nel merito, perché la pellicola è accusata di aver oscurato la fondamentale partecipazione ebraica alle lotte dei neri d’America. Dov’è finito, tanto per fare un nome, rav Avraham Joshua Heschel? Dov’è l’amico e alleato del reverendo King, che marciò alla sua destra, ben riconoscibile dalla lunga barba bianca in una delle foto più celebri di quella giornata?
Ad aprire il dibattito è stata una voce autorevole, quella di Susanna Heschel, figlia del rav (1907-1972) nato in Polonia e considerato uno dei più importanti teologi e filosofi del pensiero ebraico, che negli Stati Uniti aveva trovato scampo alla persecuzione nazista.
Docente di Jewish Studies al Dartmouth College, Susanna Heschel si è detta rattristata e a tratti arrabbiata per quest’omissione che ha definito “tragica”.
La celebre foto di suo padre che marcia accanto al reverendo King, ha ricordato, “ha significato così tanto per tante persone”, incluso il presidente Obama. Ma soprattutto, afferma la professoressa in un lungo e toccante intervento su Jta, “il film rappresenta la marcia come molti la vedono oggi, come un mero atto di protesta politica”. “Ma per mio padre Abraham Joshua Heschel e per molti partecipanti fu al tempo stesso un atto di protesta politica e un momento profondamente religioso: un incontro straordinario di suore, preti, rabbini, neri e bianchi e di posizioni politiche da tutti gli Stati Uniti. Forse atto di celebrazione del successo del movimento per i diritti civili, più che protesta politica, Selma mostrò che il movimento aveva guadagnato la coscienza dell’America”.
“Grazie al credo religioso e alle convinzioni politiche del reverendo Martin Luther King Jr. – continua – si formarono alleanze, si superarono differenze religiose e si articolarono visioni che intrecciarono obiettivi politici e religiosi. Mio padre sentì che a Selma era tornata in vita la tradizione profetica dell’ebraismo. Raccontò che King gli aveva detto che era il giorno più importante della sua vita e mio padre disse che Selma gli aveva rammentato di quando camminava in Europa con i rabbini Hassidici. Tale era stata l’atmosfera spirituale di quel giorno”.
Quando tornò a casa rav Heschel disse come per tanti di loro “la marcia da Selma da Montgomery era stata di protesta e di preghiera. Le gambe non sono labbra e camminare non è inginocchiarsi. Eppure le nostre gambe hanno intonato canti. Pur senza parole, la nostra marcia è stata preghiera. Sentivo che le mie gambe stavano pregando”.
La regista Ava DuVernay ha ricordato che il suo lavoro “È arte, è un film. Non sono una storica. Non sono una documentarista”. Ma Susanna Heschel ritiene che la libertà artistica abbia un limite (“Se si ambienta un film negli anni Sessanta e si mostra come i neri apprezzavano la segregazione negli Stati del Sud, non ci si può limitare a dire che è un film e non un documentario”).
Qualcuno ritiene che la polemica è andata troppo in là e ha contestato una visione troppo stereotipata degli ebrei americani come tutti schierati in favore dei diritti civili. Si è ricordato che, soprattutto al Sud, la realtà fu ben più frastagliata, e si è rivendicato il diritto degli afroamericani alla costruzione di un’autonoma narrativa identitaria. Tutto vero, tutto giusto. Chissà però che effetto poteva fare, a milioni di spettatori, rivedere sullo schermo quella straordinaria alleanza in marcia nella sperduta Selma.
Daniela Gross
(12 febbraio 2015)