Argenti democratici
Avere un oggetto della propria famiglia esposto in una mostra non è un’esperienza rara per noi ebrei che, in quanto esigua minoranza, suscitiamo una naturale curiosità e da parte nostra cerchiamo continuamente occasioni per farci conoscere. Nonostante questo devo ammettere di aver provato un particolare orgoglio ieri all’inaugurazione della mostra “Judaica Pedemontana” in un contesto prestigioso come la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino. Questa volta non si trattava, come capita spesso nelle nostre Comunità, di una mostra casalinga fatta di oggetti di uso quotidiano, o magari solo di cartelli esplicativi. Questa volta gli oggetti d’argento delle nostre famiglie, quelli che magari abbiamo sotto il naso tutti i giorni, si trovano nell’illustre compagnia di libri molto antichi e preziosi (come è stato spiegato ieri su queste colonne). Eppure il loro accostamento non stona, anzi, tutto sembra incredibilmente familiare: un’Haggadah del XVI secolo aperta alla pagina con Pesach, Matzah e Maror, passo che molti di noi conoscono a memoria fin da quando erano piccoli. La pagina del Talmud che è uguale da secoli. E poi le forme delle lettere, l’impaginazione, i frontespizi: i libri antichi e preziosi non sembrano poi così diversi da quelli che siamo abituati a maneggiare. Ancora di più il discorso vale per gli oggetti d’argento, tutti così familiari che confesso di non essere riuscita a individuare il nostro. Non solo perché le forme tendono a riprodursi attraverso i secoli con una curiosa fedeltà che sembra voler simboleggiare il legame con la tradizione, ma anche perché sono oggetti che usiamo davvero (dalla chanukkiah ai piatti per il seder), che fanno realmente parte della nostra vita. Mi è capitato in passato di notare che nell’ebraismo è difficile distinguere tra alto e basso livello, tra momenti per bambini e momenti per adulti. Ho sempre visto in questo una positiva tendenza a sottolineare l’unità del popolo ebraico, a non marcare troppo le differenze. Forse per lo stesso motivo spesso è difficile distinguere tra oggetti più o meno antichi, più o meno preziosi: i nostri oggetti d’argento sono testimoni di una tradizione, non sono status symbol.
Anna Segre, insegnante
(13 dicembre 2015)