J-Ciak – La penna di Enigma
È una di quelle storie che da sole valgono un film. Il protagonista è Graham Moore, scrittore oggi trentatreenne. Nel 2010 pubblica il suo primo libro The Sherlockian, destinato a diventare un best seller, e mentre è in aereo diretto a una presentazione, beve due Scotch e scrive il monologo iniziale di “The Imitation Game”, storia del matematico e crittografo Alan Turing. L’idea è diventata il film, diretto da Morten Tyldum con Benedict Cumberbatch e Keira Knightley, che oggi è candidato gli Oscar. Come Graham Moore, che concorre per la migliore sceneggiatura non originale e intanto sta lavorando a un nuovo film con Leonardo di Caprio.
Nato a Chicago, Graham Moore cresce con la madre Susan Sher, avvocato che lavora con il presidente Obama come assistente particolare, presiede poi lo staff della First Lady ed è incaricata dalla Casa bianca di tenere i contatti con la Comunità ebraica. Un legame, quello con il mondo ebraico, molto sentito anche dal figlio. “L’ebraismo è diventato per me sempre più importante ed è sempre più un elemento di identità sociale. I miei nonni sono morti pochi anni fa. Ero molto attaccato a loro e per la loro generazione l’identità ebraica era fondamentale. Quando sono scomparsi, l’idea che i custodi di questa tradizione eravamo divenuti io e mia madre è risultata molto chiara e importante”, ha dichiarato in una recente intervista al Jewish Journal.
Da ragazzino Graham nemmeno immagina di poter un giorno finire a Hollywood. Vuole diventare programmatore di computer, è appassionato di tecnologia e, mentre sogna di frequentare il Mit, divora biografie scientifiche. A 14 anni si imbatte nella drammatica figura di Alan Turing, lo scienziato inglese considerato fra i padri dell’informatica che durante la Seconda guerra mondiale inventò la macchina capace di decrittare i cifrari nazisti (il metodo chiamato Enigma), e finì suicida dopo essere stato condannato alla castrazione chimica ed estromesso dall’insegnamento perché gay. Ne rimane affascinato e moltiplica le letture sull’argomento.
Intanto si iscrive alla Columbia University dove inizia a scrivere insieme a Ben Epstein, amico d’infanzia e autore televisivo, e lavora come tecnico del suono (per pagarsi l’affitto registra una serie di spot per gli shampoo Garnier). Tenta una carriera come sceneggiatore, ma il lavoro stenta. Inizia a scrivere il romanzo The Sherlockian, dedicato al diario scomparso di Conan Doyle, e si sposta a Los Angeles dove sceneggia uno show su Abc, “10 Things I Hate About You”. Il romanzo trova un editore e finisce nella lista dei best seller. Ma Graham Moore è già proiettato nel suo nuovo progetto, dedicato al suo eroe d’infanzia Turing.
Ne sente parlare per caso, a una festa in casa degli amici Nora Grossman e Ido Ostrowsky. I due lavorano in tivù e hanno appena investito i loro soldi per comprare i diritti di Alan Turing – The Enigma, la prima e più completa biografia dello scienziato scritta da Andrew Hodges. Graham racconta ai due cosa significa per lui Allan Turing e si offre di scrivere la sceneggiatura, senza anticipi né garanzie. In aereo scrive il monologo che apre il film, in sei mesi completa il lavoro e il resto è storia.
Ma perché tanto interesse per una vicenda così difficile, dal punto di vista umano e politico? “È stato come mettere insieme tanti film e ricavarne uno solo – spiega Moore – Ci sono la spy story, la storia di guerra e l’incredibile storia di cosa significava essere un uomo gay tra gli anni Quaranta e Cinquanta. […] Poi c’erano la matematica, i computer, il tema delle relazioni di genere e quello dell’identità sessuale”.
Al tempo stesso gioca la strana posizione di Turing. “Una delle cose che mi hanno affascinato di lui è che non poteva adattarsi alla società che lo circondava per molteplici motivi. Ovunque si recasse, era sempre la persona di gran lunga più intelligente. Ed era gay, in un periodo in cui non solo era riprovevole ma illegale e punito dalla legge, come in effetti accadde più tardi”.
Daniela Gross
(19 febbraio 2015)