Museo della Shoah di Roma il presidente Paserman si dimette
“Troppi ritardi, il comune è assente”. “Manca la volontà politica di realizzare il Museo”. Da qui la decisione delle dimissioni presentate ieri dal presidente della Fondazione del Museo della Shoah di Roma Leone Paserman, già presidente della Comunità ebraica della Capitale. A spiegare i motivi di questa decisione, l’intervista rilasciata da Paserman a Gabriele Isman su Repubblica. “Quando ieri mattina è arrivato l’ultimo rinvio della riunione del cda per impegni del sindaco, ho capito che non potevo proseguire nel mio incarico”, spiega Paserman che sottolinea come non siano state rispettate le scadenze per l’aggiudicazione definitiva dei lavori del Museo a Villa Torlonia (tre i mesi di ritardo secondo il cronoprogramma fissato dal Campidoglio). Rispetto alla consegna come sede temporanea della Fondazione della Casina dei Vallati, Paserman parla di “una recita perla stampa alla vigilia della Giornata della Memoria. Alcuni giorni dopo abbiamo scoperto che quei locali ci erano stati assegnati soltanto per due anni, perché per un tempo superiore sarebbe stato necessario un concorso”. Sul ruolo della Comunità ebraica di Roma e in particolare del suo presidente Riccardo Pacifici, Paserman afferma: “Non so quanto Pacifici sia convinto di quel Museo a Villa Torlonia. In fondo l’ idea di realizzarlo all’Eur era sua e meno male che non è andata a buon fine. L’Ente Eur sta fallendo”. Infine su un possibile ritiro delle dimissioni dalla presidenza della Fondazione, Paserman lascia aperta una possibilità: “Potrei tornare indietro soltanto in presenza di veri fatti nuovi, come l’aggiudicazione definitiva dei lavori. Altrimenti ci proverà qualcun altro al posto mio”.
Accantonare una mozione assurda sulla Palestina. Non una mezzi termini sul Corriere della sera Pierluigi Battista per definire la mozione sul riconoscimento dello Stato palestinese, oggetto di discussione al Parlamento italiano in questi giorni. “Pd e Palestina. Una mozione assurda che isolerebbe Israele”, scrive Battista nel suo editoriale che apre dalla prima del Corriere di oggi. “L’assurdità – afferma Battista – ovviamente non sta nell’auspicare la nascita di uno Stato palestinese, ma nel non voler vedere che oggi una parte del territorio palestinese, Gaza, è nelle mani di Hamas: un gruppo che non vuole riconoscere lo Stato di Israele, che vuole eliminare tutti gli ebrei che inquinano la terra sacra, e che fa parte della jihad che oggi sta scatenando l’offensiva antiebraica anche in Europa”. All’interno del Pd si è formata una spaccatura e al momento il voto sulla mozione è stato rinviato. Tra i più contrari nelle fila del Partito democratico, rivela il Giornale, Yoram Gutgeld e Marco Carrai, impegnati in operazioni economiche per rafforzare i rapporti bilaterali tra Israele e Italia. Di “iniziativa palesemente inopportuna” parla il Foglio rispetto alla mozione che definisce “un pessimo affare, se qualcuno pensa davvero che quel genere di iniziativa possa far ripartire il processo di pace”. Nell’articolo del Foglio si parla di un movimento di boicottaggio contro Israele, Code Pink.
Ebrei d’Europa, sguardo verso Israele. Nonostante i titoli allarmistici, non vi è un esodo di ebrei dall’Europa verso Israele. “I numeri sono effettivamente in crescita – spiega a Repubblica il demografo Sergio Della Pergola – ma hanno rappresentato nel 2014 non più dell’1 per cento della popolazione ebraica in Europa, davvero poco perché si possa parlare di esodo”. Sull’Italia, che ha registrato nel 2014 il più alto numero di aliyot degli ultimi quarant’anni (323), Della Pergola spiega che i motivi principali dell’ emigrazione sono la crisi economica che investe tutti gli italiani, l’antisemitismo dei media, di Internet, di vasti settori della politica. “Niente di paragonabile a quelloche accade in Francia – precisa il demografo – in Italia il numero delle aggressioni è vicino allo zero, ma il disagio c’è”. E sulla scelta di fare l’Aliyah Repubblica intervista Jonathan Pacifici, trasferitosi nel 1997 a Gerusalemme da Roma, secondo cui “L’Europa ha smesso di essere un luogo sicuro per noi ebrei da 70 anni”. Pacifici appoggia l’invito del premier israeliano Benjamin Netanyahu all’ebraismo europeo a trasferirsi in Israele.
Progetti umanitari per la pace. Su Sette, settimanale del Corriere, Stefano Jesurum racconta dei progetti di medicina “Saving children” e “Formazione” del Centro Peres per la Pace. Il primo “ha regalato servizi medici costosi in ospedali israeliani a oltre diecimila neonati e bambini palestinesi”. Il secondo è un progetto di formazione di personale medico palestinese negli ospedali israeliani. Queste due iniziative, spiega Manuela Dviri – colonna portante del Centro Peres -, necessitano di finanziamenti per andare avanti e secondo Jesurum sono il segno tangibile di un percorso possibile per la costruzione della pace.
In quattrocentomila per Nisman. Oceanica manifestazione a Buenos Aires per chiedere verità sulla morte del procuratore Alberto Nisman e giustizia rispetto al caso su cui stava lavorando, l’attentato terroristico del 1994 al centro ebraico di Buenos Aires, in cui morirono 85 persone. Nisman aveva denunciato l’attuale presidente Cristina Fernanda Kirchner per aver insabbiato il caso (La Stampa).
Daniel Reichel
(20 febbraio 2015)