I segreti della cannabis contro il dolore
Canna Tech Israel è il titolo dell’evento internazionale tenutosi il 5 febbraio scorso a Tel Aviv.
Abbastanza facile capire quale fosse l’argomento: la cannabis, i suoi effetti terapeutici e lo sviluppo della ricerca e della commercializzazione a livello globale. Ospite d’onore, il professore statunitense Alan Shackelford, considerato un luminare nel settore della ricerca sulla marijuana usata per fini medici e da pochi mesi capo dell’equipe di scienziati della One World Cannabis, azienda israeliana operante nel settore. “Israele è un bastione della ricerca sui cannabinoidi”, spiegava Shackelford al Washington Post.
E in effetti sono cinquant’anni che in Israele si studiano le proprietà terapeutiche della cannabis: possono beneficiarne pazienti affetti da gravi patologie disabilitanti per controllare il dolore (sclerosi multipla, danni ai nervi, lesioni spinali, dolore neurogenico) e pazienti terminali affetti da cancro o Aids, per la stimolazione dell’appetito.
Uno dei casi più famosi dell’uso della cannabis è stata la giovane paziente di Shackelford, Charlotte Figi, affetta dall’età di due anni da epilessia. Qualsiasi trattamento, racconteranno i genitori una volta diventata pubblica la sua storia, non faceva effetto su Charlotte, che arrivava a soffrire di 300 attacchi epilettici alla settimana.
A cinque anni era costretta su una sedia a rotelle, collegata a un tubo per l’alimentazione e uno per l’ossigeno, con convulsioni ogni mezz’ora, e la firma dei genitori sul modulo Dnr (Do not resuscitate).
Come ultima spiaggia i Figi, affiancati da Margaret Gedde e Shackelford, decisero di provare un olio a base di cannabis terapeutico (contenente un’alta dose di cannabidiolo e bassa di Thc).
Il trattamento portò a un cambiamento radicale delle condizioni della piccola Charlotte: nel 2013 i coniugi Figi hanno dichiarato che la bimba oggi riesce ad avere un’infanzia normale, gli attacchi sono scesi a quattro al mese.
Il caso di Charlotte ha fatto scuola ma negli Stati Uniti la ricerca sembra zoppicare. Non così, come si diceva, in Israele. Qui l’uso terapeutico della marijuana è legale dal 2000 e nel 2012 a farne uso erano 9mila pazienti, il numero più alto al mondo in rapporto alla popolazione. Oggi sono 16mila. E ancora: il primo scienziato a identificare il principio attivo della pianta, il THC (tetraidrocannabinolo) e a sintetizzarlo fu un israeliano, Raphael Mechoulam, oggi 82enne e pilastro del centro di ricerca sul dolore dell’Università ebraica di Gerusalemme.
Quest’ultima ha siglato recentemente un progetto di collaborazione esclusiva con l’australiana PhytoTech Medical Ltd: obiettivo primario, sintetizzare una formula per la realizzazione di capsule orali e sviluppare un sistema di cerotti mucoadesivi che rilascino i principi della cannabis in modo controllato.
L’idea, ha spiegato l’amministratore dell’azienda australiana Boaz Wachtel, vuole evitare per esempio “i rischi per la salute derivanti da metodi più tradizionali di assorbire cannabis, come il fumo”. “Nelle giuste mani – spiega al Washington Post la ricercatrice Ruth Gallily, dell’Università Ebraica – la cannabis può davvero aiutare molte persone”.
Daniel Reichel
(Pagine Ebraiche marzo 2015)
(24 febbraio 2015)