Netanyahu al Congresso, in regalo il busto di Churchill

netUn Benjamin Netanyahu abbigliato da Mosè che si fa strada con incedere sicuro verso Washington (a destra il Congresso, a sinistra la Casa Bianca) brandendo un bastone da pastore e sopra di lui una nuvola da fumetto ancora vuota: così Robert Matson sul sito statunitense Roll Call raffigura l’imminente discorso del premier israeliano al Congresso degli Stati Uniti.

Un discorso che oltre le evidenti implicazioni politiche e il traballare dei rapporti tra i due paesi ha generato un’aspettativa tale da fornire pane per i propri denti ai giornalisti di costume e società di mezzo mondo.

Primo particolare non trascurabile? Bibi è il secondo capo di Stato a parlare al Congresso Usa per la terza volta. Prima di lui ce ne è stato solo uno: Winston Churchill (a fare il paragone tra i due è stato John Boehner, lo speaker della Camera dei Rappresentanti ed esponente del partito repubblicano, nonché colui che ha invitato Netanyahu a fare il suo discorso senza consultare il presidente Obama).
Secondo le indiscrezioni lo stesso Boehner accoglierà il premier israeliano con un dono ad hoc: il busto di Churchill.

Era il 10 luglio del 1996 quando Netanyahu fece il suo primo discorso (che si può leggere integralmente sul sito del governo), la primavera del 2011 quando ritornò sullo stesso argomento che da anni lo preoccupa e tormenta: i piani nucleari dell’Iran. E oggi, per la terza volta, si rivolgerà al Congresso per le stesse ragioni, proprio nel periodo nel quale l’Occidente ha ricominciato il dialogo con Teheran e, non da meno, a due settimane dalle elezioni in Israele.

Gli analisti hanno già esposto vizi e virtù di questa occasione, da molti definita storica e da molti altri pericolosa; i linguisti invece affilano le penne in attesa di studiare il lessico e la costruzione dei periodi che farà il premier, un americano d’adozione (ha studiato ad Harvard e al MIT e parecchi prevedono per lui una ricca vecchiaia impegnata a tenere convegni in giro per gli Stati Uniti).

Ma per la verità esiste un’altra frangia della popolazione che più che paventare probabili parole utilizzate vive l’imminente entrata in scena di Benjamin Netanyahu come un evento. Un evento che non si può perdere altrimenti si è “out, baby!”.

Mentre si parla di democratici che vogliono disertare (e repubblicani potrebbero rispondere con un dantesco “Vidi e conobbi l’ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto”), è proprio il senatore democratico Charles Schumer, per gli amici Chuck, che al New York Times dichiara: “I biglietti per assistere al discorso sono più hot dei latkes”, le tipiche frittelle di Chanukkah inseritesi a tutti gli effetti nella tradizione americana.

Il tanto contestato Bibi, che a molti non va giù ma ha la benedizione per niente tacita dei repubblicani (il magnate repubblicano Sheldon Adelson ha investito in una free press israeliana a suo sostegno, Israel Hayom) sarebbe dunque per i democratici niente altro che un peccato di gola, un latkes fritto e pericoloso per il colesterolo ma a cui in fin dei conti non si può resistere. Un latkes, l’anima della festa.

Così, mentre il Congresso è impegnato a appiccicare festoni, il portavoce di Boehner Michael Steel dichiara: “Giusto se Taylor Swift e Katy Perry facessero un concerto insieme al Madison Square Garden indossando vestiti bianchi e oro e nero e blu accompagnate da lama e squali danzanti, ci sarebbero biglietti più difficili da reperire”, insomma Netanyahu sarebbe dunque un glitterato cantante pop che fa sanguinare orecchie ai fini conoscitori della musica classica ma fa ballare forsennatamente le platee indossando tutine coordinate?

Ma perché il discorso suscita tutti questi turbamenti? Jeffrey Forbes, guru delle campagne politiche Usa, ha le idee chiare: “Questo è l’evento più rilevante, nel momento più rilevante (a due settimane dalle elezioni in Israele) che riguarda un’area critica del mondo. Per questo i politici di Washington sono così intrigati”. Ed è proprio la reazione stizzita della Casa Bianca, che ha rilevato la visita di Netanyahu come del tutto inopportuna, che ha creato ancora più attesa; una sorta cinquanta sfumature di grigio per chi ha velleità politiche.

Dal Parlamento arriva poi la notizia che le richieste di biglietti sono state dieci volte maggiori della capienza della sala. A confermare anche Lee Zeldin, l’unico repubblicano ebreo a far parte del Congresso: “Mi contattano ogni giorno persone che chiedono se per caso ci fossero un centinaio di posti vacanti da riempire. Questo è un momento storico per Israele, l’America e la stabilità del Medio Oriente e voglio essere parte di tutto questo”. I want to be a part of it, proprio come l’immortale testo della canzone “New York, New York”.

Così mentre su Twitter l’hashtag #NetanyahuSpeech si nutre di feroci critiche e sperticati omaggi, Benjamin Netanyahu è diventato più cool di un concerto dei Rolling Stones.

Rachel Silvera @rsilveramoked

(Nell’immagine la vignetta di Robert Matson pubblicata su Roll Call)

(3 marzo 2015)