Washington, il discorso di Bibi
No a un accordo con l’Iran sul nucleare. Tra applausi e assenze pesanti, il primo ministro di Israele Benjamin Netanyahu ha ribadito ieri al Congresso degli Stati Uniti (sul Foglio ampi stralci del suo discorso) la sua posizione e ha lanciato un messaggio chiaro all’amministrazione del presidente Barack Obama: le trattative in corso con Teheran sono un errore e porteranno l’Iran ad ottenere la bomba nucleare, minacciando il mondo intero. Obama, come riporta Guido Olimpio sul Corriere della Sera, non ha guardato il discorso nemmeno in tv: “Nulla di nuovo, Netanyahu non ha proposto alternative”, la presa di posizione del leader dei democratici. I repubblicani invece hanno apprezzato e molto: ventitré standing ovation da parte dei presenti, ricorda sul Giornale Fiamma Nirenstein che sottolinea come l’obiettivo di Netanyahu fosse portare il Congresso americano a porre il veto su un eventuale accordo con l’Iran (sono necessari i due terzi delle Camere). E secondo Giuliano Ferrara (Il Foglio) “Bibi” è riuscito nel suo intento, mettendo nei guai Obama. Su Repubblica, Federico Rampini parla di “un leader straniero che occupa il Congresso degli Stati Uniti come palcoscenico per la campagna elettorale di casa sua, attaccando il governo del Paese che lo ospita”, ricordando come in Israele siano prossime le elezioni (17 marzo). Rampini cita l’irritazione del conservatore Robert Kagan, autorevole analista di affari internazionali, che si domanda “Che cosa è venuto a dirci Netanyahu, che non sapessimo già?”. Per James Traub, docente alla New York University (intervistato da Repubblica), si tratta di una manovra elettorale e definisce l’intervento del premier israeliano un insulto alla competenza dei negoziatori americani ma “irrilevante”, se non a inimicarsi molti democratici. D’accordo sul fatto che l’intervento in Campidoglio porterà voti a Netanyahu, Daniel Pipes, presidente del Middle East Forum (intervistato da Repubblica) ma diversa l’interpretazione degli effetti sul negoziato. Per Pipes l’appello di Netanyahu ha smontato l’accordo iraniano e potrebbe portare il Congresso a votare nuove sanzioni contro Teheran.
Italia, antisemitismo sotto osservazione. “In due mesi il numero delle denunce per episodi di intolleranza nei confronti delle comunità ebraiche è triplicato: insulti sul web, scritte offensive sui muri, profili negazionisti su Facebook, striscioni deliranti negli stadi”, scrive Repubblica riportando la preoccupazione dell’Osservatorio antisemitismo per la situazione del pregiudizio antisemita nel nostro paese, definito comunque “un’isola felice” rispetto ad altri paesi europei. “In Europa la situazione è particolarmente allarmante- spiega a Repubblica Alessandro Ruben, consigliere speciale dell’European Jewish Congress — e per questo dopo gli attentati di Parigi il nostro presidente Moshe Kantor ha chiesto alla Ue una task force contro l’antisemitismo che punti sull’istruzione e la sicurezza”. Anche Washington ha avvisato l’Europa rispetto al pericolo di nuovi episodi di violenza come in Francia e a Copenaghen.
Il giorno dei Giusti. Si sono aperte ieri a Palazzo Cusani, le celebrazioni della Giornata europea dei Giusti, fissata per il 6 marzo con la cerimonia al Giardino del Monte Stella. Sei i nomi nuovi – individuati dall’associazione composta da Gariwo, Comune di Milano e Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (Avvenire Milano) – a cui verrà dedicato venerdì un albero, tra cui tre musulmani, ricordano il Corriere e Repubblica nelle proprie pagine milanesi. All’appuntamento di ieri, sono intervenuti tra gli altri il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, il presidente della Lombardia Roberto Maroni, il presidente di Gariwo Gabriele Nissim, come riporta il Giorno.
Roma, Comunità in sicurezza. “Procede a tappe spedite il progetto di pedonalizzazione del ghetto. I dissuasori a scomparsa all’incrocio tra lungotevere de’ Cenci e via del Tempio, dove nel primo tratto sarà istituito il divieto e di sosta e nel secondo, dopo l’incrocio con via Catalana, saranno ampliati i marciapiedi”, scrive Gabriele Isman su Repubblica, rispetto al progetto comunale diretto anche a garantire maggiore sicurezza alla Comunità ebraica romana.
Oz e lo Stato palestinese. Sul Corriere della Sera compare un lungo articolo dello scrittore israeliano Amos Oz in merito alle prospettive di pace tra Israele e palestinesi. “La mia premessa sionista è semplice e diretta – scrive Oz – non siamo soli su questa terra, né siamo noi gli unici proprietari di Gerusalemme. Ai miei amici palestinesi dico lo stesso: nemmeno voi siete soli qui. Questa nostra piccola casa dovrà essere suddivisa in due appartamenti più piccoli”.
La storia secondo Salvini. “A Bruxelles c’è ben di peggio di Mussolini, non hanno camicia nera o olio di ricino ma hanno spread e finanza, fanno peggio del fascismo”, è l’offensiva frase pronunciata ieri dal leader della Lega Matteo Salvini, che per accusare l’Europa sfrutta e banalizza il periodo storico più buio della Storia italiana (Gazzetta del Mezzogiorno).
Libri. Sul Messaggero Francesca Nunberg intervista Daniela Sacerdoti, pronipote di Carlo Levi, e autrice del libro Se stiamo insieme ci sarà un perché. “Una storia d’amore e misteri, di rinascita, se è possibile rinascere”.
Daniel Reichel
(4 marzo 2015)