Cosa resta dell’Europa

steindlerUn amico mi ha chiesto dove potesse trovare uno schtiblach – tempio – per pregare schachrit a Tel Aviv, gli ho indicato tre “indirizzi”: Belz, Sadigura, e Kozhnitz, di fatto l’ho virtualmente indirizzato verso tre città dell’Europa orientale in Ucraina, Austria, e Polonia.
Dopo la tragedia della Shoah il mondo Haredì uscì distrutto, e apparentemente senza speranza, eppure volle ricrearsi in Israele con una doppia identità. Mantenne una continuità con le precedenti comunità e quindi le corti hassidiche e le yeshivot ebbero gli stessi nomi che avevano nelle città di provenienza, però, per quanto distante dal sionismo politico, il mondo haredì si è mostrato anche profondamente intriso dello spirito di ritorno in Eretz Israel e di Kibutz galuyot, quindi nei Templi con nomi in yiddish pregano e insegnano hazanim sefarditi o appartenenti al mondo datì leumì – io per primo ho spesso pregato come shaliach zibur nel mio schitblach di Tel Aviv, indossando la mia kippà srugà colorata da bogher di una yeshivat hesder quale sono.
In pochi sanno che anche l’ebraismo italiano ha dato un suo contributo a questo “progetto”. La principale Yeshiva di Bnei Barak si chiama Ponevezh – in ricordo della città lituana che pure aveva una Yeshiva importante – dove da oltre sessanta si formano i più importanti Rabbanim d’Israele. Lo splendido Haron Hakodesh che sovrasta il Bet Hamidrash è di provenienza italiana, è stato restaurato e oggi contiene quei Sifrè Torà che continuano a essere vivi nonostante il fuoco di settanta anni fa. ‎

Michele Steindler

(9 marzo 2015)