Nucleare in Iran, il monito di Bibi

rassegnaScade domani a Losanna il termine dei negoziati che dovrebbe portare ad una decisione fondamentale sulla corsa al nucleare dell’Iran da parte delle potenze mondiali. E se, spiega oggi la Stampa, il nucleare non è mai stato così vicino, il premier israeliano Benjamin Netanyahu non rinuncia a lanciare un altro monito per evitare che ciò accada, ribadendo con forza il pericolo che si creerebbe per lo Stato ebraico (da anni l’Iran minaccia infatti la distruzione di Israele). Sui termini dell’accordo, sussistono ancora due nodi da sciogliere: l’Iran vuole poter usare delle nuove centrifughe sedici volte più potenti del normale e vuole che le sanzioni sul nucleare cessino immediatamente; al contrario di Europa e America che vorrebbero muoversi gradualmente per poter monitorare l’operato del paese. “L’accordo che si profila – ha dichiarato ieri Netanyahu – conferma tutte le nostre paure e anche più di quelle”. La decisione degli Usa potrebbe però essere limitata dal Congresso; a spiegarlo in un’intervista alla Stampa è l’ex capo della Cia James Woolsey, contrario al nucleare in Iran: “Il Congresso ha tutto il diritto, sancito dalle leggi e dalla Costituzione, di prendere posizione su un trattato come quello in discussione con l’Iran”.

Iran e nucleare – Il ruolo Usa. Ma perché l’America sta rivalutando la sua posizione e ha riaperto i negoziati con l’Iran? Su Repubblica, l’analisi di Thomas Friedman. Per Obama, spiega Friedman, questo accordo avrebbe un carattere trasformativo sull’Iran e lo farebbe uscire dall’isolamento degli ayatollah che vige dal 1979, riducendo così la minaccia per Israele. Sarebbe inoltre un alleato fondamentale per neutralizzare l’avanzata dell’Isis: “Prima di prendere una posizione sull’accordo con l’Iran – conclude Friedman – chiedetevi che effetti avrà su Israele, il paese più minacciato dall’Iran. Chiedetevi però anche come l’accordo si inserisca nella più ampia strategia americana mirata a placare le tensioni in Medio Oriente con il minimo coinvolgimento necessario da parte Usa e il minor prezzo possibile del petrolio”.

“Risorse per il Memoriale”. Ieri il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha partecipato alla sesta giornata milanese dedicata al settantesimo anniversario della Liberazione. Orlano ha fatto l’ultima tappa al Memoriale della Shoah con Emanuele Fiano del Pd e l’assessore alla Mobilità Pierfrancesco Maran. Ad attenderlo il vicepresidente della Fondazione del Memoriale (e vicepresidente UCEI) Roberto Jarach che, riporta l’edizione milanese del Corriere della Sera, “ha illustrato l’opera e precisato che manca un milione per concluderla”.

L’aliyah italiana. Sul Fatto Quotidiano Leonardo Coen sull’alyiah degli ebrei italiani verso Israele. “Non un numero sbalorditivo ma in costante aumento” spiega il demografo Sergio Della Pergola, di cui si cita la ricerca condotta assieme a Staetsky, anticipata da Pagine Ebraiche, in cui emerge che a spaventare gli ebrei italiani sia di più la crisi e la disoccupazione che l’antisemitismo: circa il 63% degli ebrei italiani lo identifica infatti come un problema ma solo il 20% dichiara di aver preso in considerazione l’idea di lasciare l’Italia per Israele.
Se negli anni precedenti a trasferirsi erano di più i giovani, ora sono le famiglie e circa il 77% (dati dell’Irgun Olè Italia) dei nuovi olim provengono dalla Comunità di Roma. Venticinque anni fa, afferma Asher Salah, docente universitario di origine fiorentina, le aliyot si facevano più che altro “per motivi politici o religiosi”.

In marcia per la libertà. Decine di migliaia di persone sono scese in piazza a Tunisi per dire ‘No al terrore’ dopo l’attentato al Museo del Bardo rivendicato dall’Isis il 18 marzo. Alla manifestazione anche il premier italiano Matteo Renzi, che ha dichiarato: “Era necessario partecipare a questa marcia perché siamo uniti nella lotta al terrorismo. La Tunisia non è sola, non la daremo vinta ai terroristi”. Arriva intanto la notizia del blitz che ha incastrato i colpevoli al confine con l’Algeria: sono stati uccisi nove terroristi tra cui Khaled Chaib, la mente dell’attentato tunisino (Corriere della Sera).

Il trionfo di Sarkò. Vince il ballottaggio alle dipartimentali l’Ump di Nicolas Sarkozy aprendo ufficialmente la sua scalata verso le presidenziali del 2017. Niente dipartimenti per Marine Le Pen, leader dell’estrema destra, ma più che altro un duro colpo per la sinistra del presidente Hollande che ne esce dimezzata. Sarkozy, che dovrebbe aver conquistato tra i 67 e i 70 dipartimenti, ha dichiarato: “Mai una politica aveva incarnato il fallimento fino a questo punto. La menzogna e l’impotenza sono state punite” (Corriere della Sera).

Lettere false. Oggi sul Corriere della Sera, Paolo Mieli racconta della clamorosa scoperta che ha portato alla luce la falsità delle lettere tra Benito Mussolini e Winston Churchill, la cui vicenda è stata ricostruita in un saggio di Mimmo Franzinelli edito da Rizzoli: “Nasce da un trafiletto pubblicato nel ’45 da II Tempo uno dei casi più clamorosi di storiografia complottista: l’ipotesi secondo cui Churchill e Mussolini si sarebbero scritti in segreto lettere compromettenti durante la guerra. Venne poi prodotto un falso carteggio e all’amo abboccarono addirittura gli editori Arnoldo Mondadori e Angelo Rizzoli”.

Essere ucraini, essere ebrei. Sul Fatto Quotidiano una panoramica sugli ebrei di Kiev, con un ricordo da parte della Comunità di due ragazzi morti mentre combattevano a piazza Maidan: “Con Maidan siamo diventati cittadini ucraini e non più solo ebrei che vivono in Ucraina”.

Gli studenti in viaggio ad Auschwitz. Sono più di 400 gli studenti del Lazio partiti ieri mattina alla volta di Auschwitz-Birkenau, “La più grande iniziativa mai realizzata”, ha spiegato il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. A guidare i ragazzi i Testimoni della Shoah Piero Terracina, Sami Modiano e le sorelle Andra e Tatiana Bucci. (Il Messaggero)

Società Heidegger, nuove dimissioni. Dopo le dimissioni del presidente Gunter Figal, avvenute alla luce del ritrivamento dei Quaderni Neri del filosofo Martin Heidegger, il Corriere della Sera annuncia che a lasciare è ora il vicepresidente Donatella Di Cesare che precisa di averlo fatto perché la società si è isolata rispetto al panorama internazionale, dimostrando una certa “chiusura provinciale”.

Rachel Silvera, twitter @rsilveramoked

(30 marzo 2015)