Pesach 5775 – Modi di dire a Pesach
Tra tutte le feste, Pesach è quella che per preparazione e cura dei dettagli richiede maggiore attenzione. L’attesa per il seder cresce con l’avvicinarsi del tempo e coinvolge tutti, dai più piccoli che si impegnano a ripassare le parti da recitare, ai più grandi che fanno del loro meglio perché questa serata magica rimanga impressa a lungo. Seguono altri sette giorni, scanditi dalle attenzioni alimentari, che anche chi è lontano non trascura, e dai giorni di vacanza, svago e riunione familiare. Sarà forse per questo che si sono concentrati intorno a Pesach e ai suoi riti, tantissimi modi di dire in tutte le parlate giudeo-italiane. Ho provato a raccoglierli senza pretesa di completezza, sbirciando un po’ in varie raccolte vecchie e nuove, aiutato dagli amici che hanno arricchito questa lista. Confido che i lettori a cui ne verranno in mente altre senza meno, me ne facciano cenno.
Amedeo Spagnoletto, sofer
- ‘A chavora’ de chi pia pia (Roma) (di un gruppo con gestione poco trasparente e oculata)
- Che ghe vegni una kelalà a quel cacomiro de Pargnò, ki legnolam chasdò (Trieste-Corfù) (maledizione)
- Chi lo nae’ Soun un pate’
- Adir bimlucha Soun jimpiega’
- Che bel gust di la gada’
- J ero mei i temp passa’ (Piemonte) (filastrocca)
- Da Pesach a Chanukka’ ti venga ‘na macca’, da Chanukka’ a Purim ti vengano i colai (Venezia) (ingiuria e maledizione verso qualcuno)
- È un pezzo de parngo derento a tinozza (Roma) (a proposito di cosa cattiva o malvagia)
- Far shefoch (Torino, Mantova, Roma, Venezia, Pitigliano) (vomitare)
- Ha fatto bezetì de mizraim (Roma) (ha fatto una grande confusione)
- L’oscurità de mizraim (Roma) (buio pesto)
- Marorimmi de Pesach (Roma) (di cose vecchie e brutte)
- Metter via per afiqomen (Venezia) (riporre)
- Ngatta’ tire’ disse Dio a Moshe’ (Roma) (per assicurare che presto ci sarà uno sviluppo decisivo di una situazione)
- Non è Mizraim come Shechem non è Lea come Rachel (Mantova) (paragone che dà il senso della differenza tra due cose o situazioni)
- Nun stamo mica a Pesach (Roma) (contro i bambini che si appoggiano a tavola)
- Pesach …pesa! (Roma) (a sottolineare il gravame delle minuziose regole e dei costi per i preparativi della festa)
- Pesach un è e i mazzod un ce so’ (Roma) (per dire che una situazione in ipotesi non è pertinente o per sottolineare che non c’è agiatezza)
- Scampa’ de Mizraim (Venezia) (salvarsi)
- Sta da parte come li vascelli de Pesach (Roma) (di chi se ne sta da parte)
- Tandan de l’agadà (Venezia)
- Tu hai le sevivod de manishtana’ (Pitigliano) (hai le traveggole)
- Va ‘n zefina’ (Reggio Emilia) (vatti a riporre)
- Vayomer la gallina ki leolam chasdo’ (Roma) (intercalare con senso di stufo e inevitabilità)
- Zura’ dell’aggada (Mantova) (brutto disegno o immagine, anche di una persona dall’aspetto poco gradevole)