Ticketless – Il poeta ribelle

Cavaglion La polemica del Corriere tra il regista Mario Martone ed Ernesto Galli Della Loggia intorno al film su Leopardi, “Il giovane favoloso”, una volta tanto, nobilita la prima pagina dei nostri quotidiani, allentando la morsa dei fatti di sangue. Non mi è piaciuto il film di Martone: il ritratto del poeta malato attenua, fino a negarla, la grandezza del filosofo, dello studioso – oltre che del poeta. Martone lamenta la censura cattolica nei confronti del ‘poeta ribelle’, in verità ci restituisce un ritratto scolastico nel senso più modesto del termine (il difficile rapporto con le donne di un uomo deforme, una Silvia che assomiglia alla Bellucci)… Galli, correttamente, ribatte ricordando gli studi della miglior critica leopardiana non-cattolica, da De Sanctis in avanti.
Ci sarebbe da chiedersi: perché Leopardi è il classico della letteratura italiana meno amato dagli intellettuali ebrei? Se era così inviso ai cattolici, uno si aspetterebbe un’accoglienza a braccia aperte. Nulla invece è accaduto con Leopardi che si possa confrontare con la popolarità e la estensione della fama di due autori appartenenti alla tradizione cattolica come Manzoni e Tasso, che furono di grande sollievo per molti ebrei negli anni bui delle persecuzioni. Il canone della letteratura italiana secondo gli ebrei, in età contemporanea, ingloba Pellico, Carducci, De Amicis, soprattutto Collodi. Leopardi è il grande assente. E dire che è stato davvero ‘un poeta ribelle’ – e anticonformista rispetto ai suoi tempi. Come non accadeva dai tempi di Pico della Mirandola (e non accadrà più a nessun poeta del Novecento) aveva deciso di studiare l’ebraico.

Alberto Cavaglion

(15 aprile 2015)