Oltremare – Memoria
Hanno già cominciato. Uno accende la televisione per vedere il telegiornale e si trova servizi infiniti e documentari su una guerra fra le tante. Pesach non è ancora uscito completamente dal nostro orizzonte, già abbiamo dovuto deglutire (o evitare accuratamente) tutti i film sulla Shoah la settimana scorsa, e adesso arriva a tradimento anche Yom HaZikaron. Basta avere un calendario sotto gli occhi per vedere che la concentrazione di memoria fra Purim e Shavuot tocca il suo massimo in questi giorni. Non un attimo di sosta: tutto il tempo a ricordare qualcosa. Comincio a capire gli israeliani sabre, quelli nati e cresciuti qui, quando dicono che bisogna, ogni tanto, andare dall’altra parte del mare a prendere un bel respiro e poi ritornare qui, in questo fazzoletto di terra e sassi che oscilla fra storia millenaria, hi-tech ubiqua e storia contemporanea per nulla facile da sfuggire nel quotidiano. Fughe di breve durata, e non esodi come quelli durante Pesach, ma anche grazie al ponte che allunga il fine settimana, molti israeliani partono per qualche giorno, e saltano a piè pari sia il deprimente giorno della memoria per tutti i caduti, che la festa grande e i barbecue della festa dell’Indipendenza. Sulla apparente crudeltà che incolla senza soluzione di continuità il giorno luttuoso della memoria a quello festivo dell’Indipendenza, si potrebbero scrivere libri – e probabilmente ne sono stati scritti. L’ambivalenza di ogni guerra anche vittoriosa, la liberazione che arriva solo attraverso il sacrificio dei nostri giovani, il passaggio ripetuto ogni anno da lutto nazionale a celebrazione. Insomma in qualche modo un altro Pesach, dove i morti però non sono i primogeniti egiziani stranieri e aguzzini, ma giovani di ogni generazione israeliana. E quando partono i fuochi d’artificio, meglio ricordarsi che non siamo ancora arrivati all’asciutto, nel luogo di pace dove i giovani smettranno di morire in guerra.
Daniela Fubini, Tel Aviv twitter @d_fubini
(20 aprile 2015)